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Vecchio 27-07-2008, 14.49.44   #1
Ray
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Predefinito confusione e comprensione

Quando sentamo un certo discorso che ci è un po' nuovo o un certo concetto può accadere che non lo capiamo subito e questo non capire, mentre i nuovi dati frullano nella nostra mente, lo chiamiamo confusione.

In linea di massima è una sensazione che non ci piace... vorremmo sempre avere "chiarezza". Purtroppo però la chiarezza perenne costa lo stare fermi, il non apprendere mai.

Molte persone odiano al punto la sensazine di confusione che, istericamente e ansiosamente, cercano di infilare ogni concetto nuovo in qualche concetto vecchio già di loro appannaggio, in qualcosa che sanno già o credono di sapere già. Così facendo però se la raccontano, non apprendono mai nulla di nuovo, ma si limitano a confermare a loro stessi quel che sono, quel che sanno... si direbbe che han più bisogno/desiderio di conferme che di apprendimento e crescita.

Invece quel che sappaimo, assieme ad altre cose (vale anche per le esperienze nuove (imparare è un'esperienza, ma lo è anche far entrare un concetto, mica solo per forza un'impressione... ovvero esiste l'esperienza mentale e emotiva oltre che quella fisica) è com-preso nella nostra struttura.
Quando facciamo entrare qualcosa può darsi che si piazzi bene nella struttura se sapevamo già sta cosa o quasi oppure può darsi che non ci stai, che questa cosa sia davvero nuova o che rappresenti un uovo modo di pensare che magari, una volta assimilato, vada a modificare anche molte altre convinzioni.
In questo caso è necessario modificare la struttura in modo che possa accogliere inuovi dati... ovvero è necessario un solve.

Durante il solve i nuovi dati dovrebbero sistemarsi in una nuova struttura adeguata a contenerli per poi ricoagularsi... e il perdurare di questo solve, di questo stato liquido, breve o lungo che sia, lo chiamiamo confusione.

Forse dovremmo smettere di opporci così strenuamente alla confusione e imparare ad accoglierla come foriera di nuova e migliore comprensione...

Mica facile però... si tratta di rompere vecchie abitudini e di sopportare nuove sensazioni... insomma un altro solve.
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Vecchio 27-07-2008, 16.44.08   #2
stella
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Quando sentamo un certo discorso che ci è un po' nuovo o un certo concetto può accadere che non lo capiamo subito e questo non capire, mentre i nuovi dati frullano nella nostra mente, lo chiamiamo confusione.
Con-fusione mi fa pensare a cose diverse che si fondono insieme, per dar vita poi, una volta conclusa la fusione e lasciata raffreddare, a un qualcosa di nuovo, senz'altro diverso da come poteva essere prima della fusione.

Forse dopo il momento di confusione si può comprendere, cioè prendere insieme ai dati che abbiamo già e quindi capire, afferrare, catalogare.

Infatti accade proprio così, quando sento una cosa nuova quindi diversa dai dati che sapevo già, di primo acchito accanto alla confusione c'è un misto di interesse, curiosità, rifuto, paura, diffidenza...
Interesse e curiosità perchè è la molla che ci fa esplorare e andare in cerca di cose nuove da imparare...
Rifiuto perchè questo nuovo elemento comporta appunto un rivedere tutto il resto e il pensiero che magari certi concetti acquisiti e fatti propri non erano esatti, quindi che non si può dare nulla per certo, e viene da dire: "no, non può essere..."
Paura perchè certe volte il nuovo e diverso dal conosciuto spaventa e spiazza e quindi c'è un misto di interesse e diffidenza, ma finita la confusione si finisce con l'accettare e il comprendere.
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Vecchio 27-07-2008, 19.44.21   #3
dafne
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Quando sentamo un certo discorso che ci è un po' nuovo o un certo concetto può accadere che non lo capiamo subito e questo non capire, mentre i nuovi dati frullano nella nostra mente, lo chiamiamo confusione.


Durante il solve i nuovi dati dovrebbero sistemarsi in una nuova struttura adeguata a contenerli per poi ricoagularsi... e il perdurare di questo solve, di questo stato liquido, breve o lungo che sia, lo chiamiamo confusione.

Forse dovremmo smettere di opporci così strenuamente alla confusione e imparare ad accoglierla come foriera di nuova e migliore comprensione...

Mica facile però... si tratta di rompere vecchie abitudini e di sopportare nuove sensazioni... insomma un altro solve.

La prima cosa che mi verrebbe da chiedere è se è possibile che ci si sia trovati talmente spesso e talmente a lungo in questo "stato liquido" in questa confusione da averlo preso come definitivo, normale.
Voglio dire, io ho sempre grosse difficoltà a "tirar le somme", a chiudere (al di là delle antine ). Stavo pensando, per esempio, al libro di chimica che stò leggendo, all'interesse nato dalle prime righe e alla difficoltà di mettere assieme certe nozioni.
Non riuscivo a capire bene, ero a disagio cercando di capire un concetto, ho rifiutato il "tanto non lo capirò mai" perchè non sono stupida eppure..eppure qualcosa continua a farmio attreito, a sconcentrarmi mentre leggo e mentre provo a ripetere i concetti.
E' quasi come se non volessi capire.
Una cosa simile mi capita quando cerco di mettere insieme certe reazioni e arrivare a una conclusione, senza pretendere che sia la soluzione definitiva ma anche qui non riesco mai a sintetizzare.

Magari è totalmente OT, in tal caso chiedo scusa ma alle volte ho l'impressione di essere talmente abituata a non capire, talmente affezzionata a questo "porteaperteallnightlong" che resto nella mia confusione, o meglio, forse, nella mia confusione conosciuta perchè appena qualche nuovo dato entra e cerca posto viene sputato lontano all'istante

Ma com'è possibile arrendersi?
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Vecchio 28-07-2008, 13.41.26   #4
Ray
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La prima cosa che mi verrebbe da chiedere è se è possibile che ci si sia trovati talmente spesso e talmente a lungo in questo "stato liquido" in questa confusione da averlo preso come definitivo, normale.
Voglio dire, io ho sempre grosse difficoltà a "tirar le somme", a chiudere (al di là delle antine ).?
Al di la?

In ogni caso, così come c'è chi rifiuta di solversi e quindi di accogliere il nuovo e pretende di far collimare tutto con quel che già ha, per simmetria esiste anche chi rifiuta o fa fatica a coagulare.
Posto che la condizione migliore è probabilmente uno stato semiliquido, cioè formato ma non rigido e quindi in grado di accogliere sempre cose nuove ma senza essere sempre informe (senza il coagula non accogliamo del tutto, o accogliamo ma non possiamo usare), entrambe le fasi del processo sono necessarie e senza una di esse non apprendiamo.


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E' quasi come se non volessi capire.
Una cosa simile mi capita quando cerco di mettere insieme certe reazioni e arrivare a una conclusione, senza pretendere che sia la soluzione definitiva ma anche qui non riesco mai a sintetizzare.

Magari è totalmente OT, in tal caso chiedo scusa ma alle volte ho l'impressione di essere talmente abituata a non capire, talmente affezzionata a questo "porteaperteallnightlong" che resto nella mia confusione, o meglio, forse, nella mia confusione conosciuta perchè appena qualche nuovo dato entra e cerca posto viene sputato lontano all'istante

Ma com'è possibile arrendersi?
La costante apertura in uscita, nella misura dell'apertura, corrisponde ad una costante chiusura in entrata... se non coagulo non potrò solvere successivamente... è un modo per restare ancorati al solito simile alla rigidità solo all'inverso, l'altra faccia della medaglia.
E' come voler camminare solo con la gamba destra (in questo caso) o con la sinistra (nell'altro). Si procede a balzelli e l'equilibrio è ancor più instabile della normale camminata (che comunque è una costante perdita e ritrovamento dell'equilibrio).
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Vecchio 28-07-2008, 17.17.27   #5
RedWitch
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Quando sentamo un certo discorso che ci è un po' nuovo o un certo concetto può accadere che non lo capiamo subito e questo non capire, mentre i nuovi dati frullano nella nostra mente, lo chiamiamo confusione.

In linea di massima è una sensazione che non ci piace... vorremmo sempre avere "chiarezza". Purtroppo però la chiarezza perenne costa lo stare fermi, il non apprendere mai.

Molte persone odiano al punto la sensazine di confusione che, istericamente e ansiosamente, cercano di infilare ogni concetto nuovo in qualche concetto vecchio già di loro appannaggio, in qualcosa che sanno già o credono di sapere già. Così facendo però se la raccontano, non apprendono mai nulla di nuovo, ma si limitano a confermare a loro stessi quel che sono, quel che sanno... si direbbe che han più bisogno/desiderio di conferme che di apprendimento e crescita.
In parte mi ritrovo con quel "ansiosamente ed istericamente" , molto spesso mi accorgo che se un concetto nuovo mi spiazza, cerco di associarlo a qualcosa che gia' conosco, per avere un riferimento su cui basarmi, come dire una "partenza certa", perche' mi e' capitato qui in forum di trovarmi davanti ad argomenti nuovi, messi in modo che non so proprio come girarli (fatico a comprendere il senso anche generico di alcuni thread, non tengo il filo ..) , e poiche' mi spiazzano, ecco la ricerca del conosciuto, cerco di incasellare, per non rimanere senza il minimo riferimento.
Quei nuovi dati, se riesco diciamo ad integrarli con altri che ho gia' riesco in qualche modo a gestirli, diversamente la confusione e' totale e a quel punto, ho ben visto che l'unica cosa che posso fare e' non intestardirmi nel volter capire tutto e subito, ma lasciare... come dire sedimentare i nuovi dati per un tempo non ben definito , a volte giorni, altre volte ben piu' tempo.. intestardirsi non serve.. provare a capire pero' e' necessario altrimenti ci se la racconta per altro verso... non e' sempre cosi' immediato..

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Vecchio 28-07-2008, 18.38.44   #6
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Per me dipende dai dati, se penso che sono di vitale importanza mi ci consumo, a me istericamente non piace, direi testardamente ed insistentemente.

Però ho notato che a volte posso farlo all'infinito e non arrivo che ad altra confusione, non riesco proprio a comprenderli. (Però istintivamente mi piace entrare nella confusione per poi comprendere.)

Poi altre volte mi è capitato che erano le parole che mi creavano confusione e detto in altro modo riuscivo a comprenderlo, come se i dati li avessi già dentro ma le parole non li rispecchiavano e li la confusione regnava sovrana. Se avessi avuto pazienza di attendere non avrei disperso energie inutilmente.

A volte invece per sciogliere devo scavare e creare ancora più confusione come se per arrivare al noccciolo dovessi buttare via lo strato superficiale, poi però per comprendere veramente devo farlo con tutta me stessa che equivale a fare per essere se no rimane comprensione intellettuale e basta.

E' possibile che per alcune persone sia più facile sciogliersi che coagularsi? Cioè rimanere sciolti senza riuscire a coagularsi?
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Vecchio 28-07-2008, 23.14.05   #7
Kael
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La prima cosa che mi verrebbe da chiedere è se è possibile che ci si sia trovati talmente spesso e talmente a lungo in questo "stato liquido" in questa confusione da averlo preso come definitivo, normale.
Mi ha fatto riflettere questo tuo passo Daf.
Non credo che sia un discorso di esserci passati talmente tante volte da farlo diventare uno stato "normale", credo piuttosto che si tratti del famoso "avere gli occhi più grandi della bocca". Se io cioè sono un cubettino di creta, e per "sete" di sapere mi annaffio col litri d'acqua è inevitabile che starò solto per mesi, forse anni... mi scioglierò e fra l'altro avrò ottenuto ben poco perchè la maggioranza dell'acqua sarà evaporata invece che essere compresa dentro di me. E inoltre, evaporata l'acqua, io mi troverò sparso nella pozzanghera qua e là, se prima ero un cubetto adesso sarò semplice polvere...

L'ideale sarebbe "bagnarsi" della giusta dose di dati, senza strafare, in modo che la mia creta sia sufficiente per assorbire l'acqua.
Come diceva all'inizio Ray inoltre c'è chi non si bagna mai e crede quindi di sapere tutto ed essere arrivato chissà dove solo perchè è sempre in uno stato "solido", ma così le sue possibilità di miglioramento sono ridotte allo zero.
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Vecchio 28-07-2008, 23.24.07   #8
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E' possibile che per alcune persone sia più facile sciogliersi che coagularsi? Cioè rimanere sciolti senza riuscire a coagularsi?
Sicuramente c'è un tempo diverso per ognuno, inoltre qualcuno può preferire il passaggio dallo stato solido a quello liquido o viceversa.
Ad ogni modo (esempio) se uno è già di suo particolarmente solto, se vive già in un mare di dati troppo grande per lui, dovrebbe avere la forza di resistere ad aggiungere ulteriore acqua, anche se fosse solo una goccia al mese. Prima è necessaria una certa coagulazione.

Nel fare un impasto in cucina gli antichi saperi dicono che è meglio aggiungere poco liquido per volta, "a goccia", piuttosto che tutto d'un colpo. Si evitano così grumi, nodi, e anche il sapore dicono che viene meglio amalgamato.
Tuttavia penso che cosi come esiste la via della mano secca, esiste anche quella della mano umida... quindi nelle predisposizioni di chiunque ci può essere anche chi preferisce stare "confuso" per tutta la vita, per poi fare un'unica e massiccia coagulazione, ma temo che la via di mezzo sia la più sicura e la più abbordabile per tutti...
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Vecchio 28-07-2008, 23.56.47   #9
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Sicuramente c'è un tempo diverso per ognuno, inoltre qualcuno può preferire il passaggio dallo stato solido a quello liquido o viceversa.
Ad ogni modo (esempio) se uno è già di suo particolarmente solto, se vive già in un mare di dati troppo grande per lui, dovrebbe avere la forza di resistere ad aggiungere ulteriore acqua, anche se fosse solo una goccia al mese. Prima è necessaria una certa coagulazione.


Nel fare un impasto in cucina gli antichi saperi dicono che è meglio aggiungere poco liquido per volta, "a goccia", piuttosto che tutto d'un colpo. Si evitano così grumi, nodi, e anche il sapore dicono che viene meglio amalgamato.
Tuttavia penso che cosi come esiste la via della mano secca, esiste anche quella della mano umida... quindi nelle predisposizioni di chiunque ci può essere anche chi preferisce stare "confuso" per tutta la vita, per poi fare un'unica e massiccia coagulazione, ma temo che la via di mezzo sia la più sicura e la più abbordabile per tutti...
Caspita si ne avevo avuto sentore tempo fa ma a volte scatta una specie di "ingordigia", ma neppure diciamo la paura di perdere qualcosa, di non rimanere al passo, insomma quando non si sa bene dove si sta andando e cosa si sta facendo e non si hanno ne righe ne quadretti si scrive tutto storto e da tutte le parti e poi si rischia di non capire niente quando si va a rileggere.

Io questo l'ho visto ben evidente in me non si può prendere dati all'infinito senza mai imparare a fare una cosa bene o almeno a saperla fare, si rischia di non capire più niente.
Io avevo auspicato delle regole perchè dentro di me non ce ne erano e non ero in grado di darmele, invece mi rendo conto che anche questo è un punto su cui lavorare avere la forza di dare la precedenza come lavoro ad una cosa e farla sino a che non si...coagula altrimenti non si può passare al resto.
Questo lo scrivo anche se è un po' OT perchè altri non facciano il mio stesso sbaglio, non si può ingurgitare più cibo di quello che si riesce a digerire e ad assimilare i rischi basta fare un parallelo con il cibo che si scoprono.
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Vecchio 29-07-2008, 00.08.09   #10
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Al di la?

In ogni caso, così come c'è chi rifiuta di solversi e quindi di accogliere il nuovo e pretende di far collimare tutto con quel che già ha, per simmetria esiste anche chi rifiuta o fa fatica a coagulare.
Posto che la condizione migliore è probabilmente uno stato semiliquido, cioè formato ma non rigido e quindi in grado di accogliere sempre cose nuove ma senza essere sempre informe (senza il coagula non accogliamo del tutto, o accogliamo ma non possiamo usare), entrambe le fasi del processo sono necessarie e senza una di esse non apprendiamo.

La costante apertura in uscita, nella misura dell'apertura, corrisponde ad una costante chiusura in entrata... se non coagulo non potrò solvere successivamente... è un modo per restare ancorati al solito simile alla rigidità solo all'inverso, l'altra faccia della medaglia.
E' come voler camminare solo con la gamba destra (in questo caso) o con la sinistra (nell'altro). Si procede a balzelli e l'equilibrio è ancor più instabile della normale camminata (che comunque è una costante perdita e ritrovamento dell'equilibrio).
Questa discussione mi stà generando confusione

Si forse la confusione, e il disordine, in cui sono stata per anni mi è diventato talmente familiare da sentirne il bisogno. Inconsciamente, ma c'è.
Come la foto del salotto, ci sono momenti in cui devo farmi una violenza incredibile per iniziare a mettere a posto, quando parto poi il tutto è rapidissimo e molto soddisfacente.
Così nella confusione dei nuovi dati devo fare uno sforzo immane (si sono un pò melodrammatica stasera) per iniziare a mettere insieme i pezzi ma poi se resisto ( ) di solito ottengo risultati soddisfacenti.

Insomma non son sicura di essere in una situazione "liquida"..

L'altra sera ero in libreria con i bimbi e, per gioco, ho preso in mano uno di quei libretti-oracolo che van tanto di moda adesso. Mi aveva incuriosito la copertina colorata e il fatto che fosse diviso a metà, da una parte le domande e dall'altra le risposte.
Insomma, su mezzo libretto aperto a caso doveva uscire una domanda per noi importante e nell'altra metà la risposta possibile.
Per caso alla domanda è uscita fuori una cosa come "perchè non mi permetto di fluire liberamente?" e nella risposta una cosa come "..devi capire che ogni fine, ogni morte, è un inizio, una rinascita in qualcosa di nuovo" ehbeh la mia mente ha cercato di cancellare molto rapidamente la risposta. (mi ha messo a disagio questo "caso" lo ammetto)

Ma potrebbe esserci un nesso tra le due cose? Tra l'incapacità di coagulare e di chiudere?
Se il saltuario mio bisogno di inondarmi di informazioni partisse da un reale bisogno di sciogliere ma poi questo fiume deviasse dalla strada e finisse per allagare le solite zone?
Mi viene anche in mente che spesso il terapeuta con cui chiacchieravo ha utilizzato la parola "bonificare" in riferimento al passato. Come se si trattasse di una palude.

Oltre a questo è emerso che sono piuttosto bravina ad analizzare i vari problemi, anche se non lio metto ancora a fuoco tutti per benino, ma torna il discorso di prima. Non faccio sintesi, non risolvo, non riesco ad arrivare all'apice e passare la curva.
Un pò come quel personaggio mitologico che spingeva un pesante masso fino in cima alla montagna, ma appena era sul punto di arrivare sulla punta il masso scivolava indietro e ritornava giù e lui doveva ricominciare tutto daccapo

Ma se c'è troppa acqua e a maneggiare il fuoco sono un disastro che faccio?



L'abete.

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Vecchio 29-07-2008, 00.44.52   #11
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Come se si trattasse di una palude.


Ma se c'è troppa acqua e a maneggiare il fuoco sono un disastro che faccio?
Il fuoco si controlla con la terra (e con l'aria).
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Vecchio 29-07-2008, 10.45.38   #12
dafne
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Il fuoco si controlla con la terra (e con l'aria).

Bene.
Veniamo alle vere note dolenti, un bel respiro...che vuiol dire?
Da quel pò che ho letto e trovato in giro (iniziazione all'ermetica ad es.) è chiaro che non si tratta degli elementi così come li conosciamo. Ne deduco che per controllare il fuoco (rabbia? energia? calore?) non è che per aria si intenda il respiro..o si?
Qualche ginnastica aerobica?
Sulla terra poi, non ho che l'idea di qualche passeggiata nella natura.
Oppure si tratta di cambiare alimentazione a favore di alimenti più o meno ricchi di questi elementi?
Insomma, qui si che ho parecchia confusione e vi sarei molto grata se mi deste qualche indicazione specifica o in città o in qualche testo per iniziare a mettere un pò di ordine.
Usando la metafora dell'acqua diciamo che il semino c'è e mò lo devo piantare nella terra, metterlo al sole e innaffiarlo un pò al giorno ci stà?

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Vecchio 29-07-2008, 12.15.15   #13
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Bene.

Sulla terra poi, non ho che l'idea di qualche passeggiata nella natura.
Oppure si tratta di cambiare alimentazione a favore di alimenti più o meno ricchi di questi elementi?

... o il corpo...
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Il fuoco si controlla con la terra (e con l'aria).
Intendi che il fuoco va controllato come quando si fa un falò, si deve metterlo tra delle pietre in modo che sia circoscritto e che non esca da dove è la sua sede l'aria beh è quella che l'alimenta o lo spegne dipende dalle dimensioni e dalla quantità d'aria.

OT. domanda ma quando mettete delle risposte così che non danno subito il risponso è perchè servono a stimolare l'intuito? me lo sono sempre chiesta.Fine OT.
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Vecchio 29-07-2008, 17.09.20   #15
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Bene.
Veniamo alle vere note dolenti, un bel respiro...che vuiol dire?
Da quel pò che ho letto e trovato in giro (iniziazione all'ermetica ad es.) è chiaro che non si tratta degli elementi così come li conosciamo. Ne deduco che per controllare il fuoco (rabbia? energia? calore?) non è che per aria si intenda il respiro..o si?
Qualche ginnastica aerobica?
Sulla terra poi, non ho che l'idea di qualche passeggiata nella natura.
Oppure si tratta di cambiare alimentazione a favore di alimenti più o meno ricchi di questi elementi?
Insomma, qui si che ho parecchia confusione e vi sarei molto grata se mi deste qualche indicazione specifica o in città o in qualche testo per iniziare a mettere un pò di ordine.
Usando la metafora dell'acqua diciamo che il semino c'è e mò lo devo piantare nella terra, metterlo al sole e innaffiarlo un pò al giorno ci stà?

Ma se non sai che vul dire perchè hai tirato in ballo la cosa del fuoco e dell'acqua? Ho semplicemente risposto a quello che dicevi usando i tuoi stessi termini...

In ogni caso hai ragione quando dici che con i quattro elementi non si intende quelli "conosciuti" (li conoscessero...) normalmente, ma si parla di principi. Oltre a quello che hai letto puoi trovare qyualcosa di interessante nelle due discussioni sull'alchimia nella sezione tradizioni... poi magari un tread apposito non guasterebbe.

Il fuoco non è solo rabbia o paura, anzi a dire il vero non è ne rabbia ne paura, anche se sta in entrambe. C'è anche da dire che alle emozioni è spesso associata l'acqua...

Come indica giustamente Sole, se cerchi terra inizierei dal corpo... parlavi di paludi: in una palude la terra è sparpagliata, espansa e rarefatta nell'acqua... un sistema potrebbe essere quello di concentrarla. Hai presente che succede quando "concentri" una spugna?

Aggiungo che ho notato che hai tirato subito in ballo l'aria... io però l'avevo messa tra parentesi e avevo citato in primis la terra. Lapsus?
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Vecchio 29-07-2008, 20.15.22   #16
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Mica facile però... si tratta di rompere vecchie abitudini e di sopportare nuove sensazioni... insomma un altro solve.
Provo ad espandere un po' il discorso anche in altre direzioni (il che non significa che quelle che ci sono già non vanno bene, è per movimentare).

Le persone molto mentali, ma ormai son pochi quelli che non sono identificati con la mente e quindi, per ulteriore ristrettezza/divisione, con la forma mentis indossata al momento, mettere in discussione la struttura di quel che sanno o credono di sapere corrisponde a mettere in discussione se stessi. Solvere quindi non è solvere la mente o la struttura temporanea e parziale che alla mente abbiamo dato, ma è solvere quello che siamo, quello che ci sembra di essere.

Quindi, in linea di massima, questa sensazione di confusione data dallo scioglimento, per parziale che sia, viene percepita come un pericolo, oltre che dare una sensazione nuova e quindi fastidiosa... per via dello strano abbinamento per cui tutto ciò che è nuovo è anche fastidioso e da evitare così dormo meglio.

Quel che sarebbe da sopportare, quella sensazione fastidiosa di con-fusione, corrisponde ad una trasformazione, un passaggio se vogliamo... ma ormai si sa, tutto ciò che è vita, non solo la com-prensione, e tutti i suoi processi, sono difficili da sopportare.
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Vecchio 30-07-2008, 10.55.24   #17
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Le persone molto mentali, ma ormai son pochi quelli che non sono identificati con la mente e quindi, per ulteriore ristrettezza/divisione, con la forma mentis indossata al momento, mettere in discussione la struttura di quel che sanno o credono di sapere corrisponde a mettere in discussione se stessi. Solvere quindi non è solvere la mente o la struttura temporanea e parziale che alla mente abbiamo dato, ma è solvere quello che siamo, quello che ci sembra di essere.
Quindi la sensazione poco piacevole che si prova quando ci si sente confusi davanti ad un argomento nuovo e' legata all'importanza personale? E'il dover mettere in discussione se' stessi che fa in modo che si senta quella specie di "resistenza"? Anzi forse rende meglio rifiuto per quel che mi riguarda, ci sono volte che proprio capita che un argomento mi lasci spiazzata (il senza riferimenti che dicevo), e' proprio un non saperlo prendere da nessun verso perche' manca non solo la comprensione ma proprio capire dove si sta andando a parare. Un po' come non riuscire a delimitare l'argomento.. a dargli un senso a volte. E' soprattutto in quelle occasioni che la confusione regna sovrana, diversamente se mi accorgo che la comprensione e' solo mentale, lasciare sedimentare senza dimenticarmi (quando ci riesco) di una certa cosa, e' il modo migliore per iniziare ad incamerare, poi con il tempo , riprendendo l'argomento "magicamente" appare chiaro. E' come se ci fosse un tempo fisiologico che serve per "digerire" i dati, poi sono d'accordo con quanto si diceva sulla quantita' , se se ne incamerano troppi si rischia di mischiare tutto e di dimenticarne una buona parte (solo che che "agiscono" lo stesso e da li credo che la confusione sia totale..)

Sicuramente una concomitanza di cose concorre alla comprensione o meno di un dato argomento, prendiamo solo il fatto che dipende da chi parla , dal credito che diamo a
a chi sta parlando e quindi dal grado di attenzione che gli "concediamo" , e qui vedo bene che l'idea che abbiamo di noi stessi e dell'altro gioca un ruolo fondamentale..

Il "trucco" sarebbe quindi riuscire a sopportare quello stato di confusione che si viene a creare davanti alle cose completamente nuove fino al momento della digestione, senza cercare a tutti i costi di dare un nome conosciuto alle cose sconosciute? E nel frattempo bisognerebbe essere tanto saggi da non continuare ad ingerire altri dati?


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Vecchio 30-07-2008, 22.33.33   #18
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Sicuramente una concomitanza di cose concorre alla comprensione o meno di un dato argomento, prendiamo solo il fatto che dipende da chi parla , dal credito che diamo a
a chi sta parlando e quindi dal grado di attenzione che gli "concediamo" , e qui vedo bene che l'idea che abbiamo di noi stessi e dell'altro gioca un ruolo fondamentale..

Il "trucco" sarebbe quindi riuscire a sopportare quello stato di confusione che si viene a creare davanti alle cose completamente nuove fino al momento della digestione, senza cercare a tutti i costi di dare un nome conosciuto alle cose sconosciute? E nel frattempo bisognerebbe essere tanto saggi da non continuare ad ingerire altri dati?
Penso di sì, penso che si possono ingerire altri dati solo dopo aver digerito questi, altrimenti si rischia o l'indigestione o il rigetto....

Comunque, in generale, per comprendere bisogna prima capire, per capire bisogna ascoltare....
Qualche volta accade che quando qualcuno parla se l'argomento ci è ostico o sconosciuto, è come se la mente si rifiutasse di ascoltare, o che pensasse di trovare un appiglio su cose conosciute per poter far fronte al discorso e così non si ascolta veramente...
Certe volte per far bella figura si finge di aver ascoltato e capito, mentre si è ascoltata solo la propria mente....
Se la persona è una di quelle a cui dare credito ci si accinge più volontieri all'ascolto a al cercare di comprendere, se invece diamo per scontato che dice cose poco interessanti non ascoltiamo neppure...
Invece si possono avere delle sorprese...
Conta tanto l'importanza personale, e più ci diamo importanza e diamo importanza alla persona che parla, più andiamo in confusione se non afferriamo subito il concetto...
A proposito di confusione, qualche volta mi capita questo: una persona racconta una storiella da ridere, tutti l'hanno compresa e lo danno a vedere ridendo, io che non riesco a trovarci il lato comico vado in confusione e l'unica cosa che mi viene da dire è: "questa non l'ho capita...."
Insomma il vedere che tutti afferrano una cosa che non riesco a capire mi fa andare più in confusione di una cosa difficile o nuova, in quel caso non ho problemi a chiedere dei chiarimenti e degli esempi, mentre nell'altro caso il dover chiedere spiegazioni su una storiella mi mette molto imbarazzo....

Ultima modifica di stella : 30-07-2008 alle ore 22.39.02.
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Vecchio 30-07-2008, 23.40.45   #19
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Quindi la sensazione poco piacevole che si prova quando ci si sente confusi davanti ad un argomento nuovo e' legata all'importanza personale? E'il dover mettere in discussione se' stessi che fa in modo che si senta quella specie di "resistenza"?
Su questo non parlerei proprio di importanza personale, ma di qualcosa di più profondo, collegato forse alla mente istintiva. Se siamo identificati nella mente, o in una fetta di essa, c'è poco da fare: per la nostra percezione quello siamo. Quindi mettere in discussione essa è mettere in discussione noi stessi, solvere essa è solvere noi e non possiamo non percepirlo come un pericolo, come la morte. D'altronde solvere qualsiasi nostra parzialità è un po' morire (per rinascere... ma dillo al bruco).
Scattano quindi le paure istintive.

E' solo, compiuti alcuni peassetti su un certo percorso che ci possiamo identificare con qualcos'altro, qui spesso lo abbiamo chiamato osservatore, ma qualcunque sia il percorso sempre su qualcosa devo appoggiarmi. Quindi lo può fare chi si muove e non chi sta fermo. Per carità, un forte desiderio di apprendimento basta e avanza, ma se siamo identificati col desiderio non lo siamo con la nostra convinzione ed è quindi più facile rinunciarvi.


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Sicuramente una concomitanza di cose concorre alla comprensione o meno di un dato argomento, prendiamo solo il fatto che dipende da chi parla , dal credito che diamo a
a chi sta parlando e quindi dal grado di attenzione che gli "concediamo" , e qui vedo bene che l'idea che abbiamo di noi stessi e dell'altro gioca un ruolo fondamentale..

Il "trucco" sarebbe quindi riuscire a sopportare quello stato di confusione che si viene a creare davanti alle cose completamente nuove fino al momento della digestione, senza cercare a tutti i costi di dare un nome conosciuto alle cose sconosciute? E nel frattempo bisognerebbe essere tanto saggi da non continuare ad ingerire altri dati?


Sul credito che diamo agli altri invece l'importanza personale c'entra eccome. Grossomodo funziona così: "io sono perfettissimo e so tuttissimo quindi se qualcuno dice qualcosa che non ho mai sentito deve per forza trattarsi di qualcosa che so già, solamente espresso in un altro modo. Si tratta quindi di tradurre. Ma io non serve che mi muovo di un millimetro, anzi non lo devo fare sennò perdo la mia perfezione."

Se però abbiamo riconosciuto qualcuno come superiore a noi, abbiamo già risotto un po' l'IP con questo riconoscimento e quindi quel che arriva da lui è più facile da accettare. Grossomodo: "io sono perfettissimo e so tuttissimo ma sto tizio qui, solo lui beninteso, è più perfettissimo e sa tuttissimo più di me, ovviamente per il momento. Quindi se parla è meglio che apro le orecchie così lo acchiappo e poi lo supero."


Si, il trucco sta nel sopportare quella sensazione senza cercare di fuggire da essa, di non voler guardare per non sentirla, come per molte altre cose. E sempre come per molte altre cose, molte altre acquisizioni, si tratta di un ascolto attivo.
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Vecchio 31-07-2008, 00.00.54   #20
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Sul credito che diamo agli altri invece l'importanza personale c'entra eccome. Grossomodo funziona così: "io sono perfettissimo e so tuttissimo quindi se qualcuno dice qualcosa che non ho mai sentito deve per forza trattarsi di qualcosa che so già, solamente espresso in un altro modo. Si tratta quindi di tradurre. Ma io non serve che mi muovo di un millimetro, anzi non lo devo fare sennò perdo la mia perfezione."

Se però abbiamo riconosciuto qualcuno come superiore a noi, abbiamo già risotto un po' l'IP con questo riconoscimento e quindi quel che arriva da lui è più facile da accettare. Grossomodo: "io sono perfettissimo e so tuttissimo ma sto tizio qui, solo lui beninteso, è più perfettissimo e sa tuttissimo più di me, ovviamente per il momento. Quindi se parla è meglio che apro le orecchie così lo acchiappo e poi lo supero."


Si, il trucco sta nel sopportare quella sensazione senza cercare di fuggire da essa, di non voler guardare per non sentirla, come per molte altre cose. E sempre come per molte altre cose, molte altre acquisizioni, si tratta di un ascolto attivo.

ehm
potrebbe essere che per alcune persone invece funzioni al contrario, ossia che siano talmente convinte di non sapere niente e che mai sapranno niente e che chiunque ne saprà sempre più di loro da non provare neanche ad affrontare la confusione perchè tanto "che vuoi che capisca? cosa vuoi che cambi?"
E, sempre ipoteticamente, questi soggetti possono mettersi all'ascolto e nelle mani praticamente di chiunque ostenti non solo un pò di conoscenza ma soprattutto una certa sicurezza finendo poi per ritrovarsi con ancora più confusione (perchè comunque hanno dato credito a qualcun altro senza aver nemmeno tentato di ascoltarsi nel profondo un pochino) e con un ulteriore problema, ossia che quelle poche informazioni raccolte sono pure sbagliate o magari "semplicemente" in contraddizzione tra di loro...
Questo può generare un rifiuto a mettere ordine? Una sorta di "oddio e ora da dove comincio?"


ps
ho tirato fuori gli elemeneti perchè era l'unico modo per obbligarmi ad ammettere che sapevo solo quello che avevo leggiucchiato in giro e che non era compreso ma solo mandato qualche dato a memoria
Guarda che mi tocca fare orco cane anche giocare a nascondino con i miei pensieri ma aprirò una discussione apparte
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Vecchio 31-07-2008, 01.27.34   #21
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ehm
potrebbe essere che per alcune persone invece funzioni al contrario, ossia che siano talmente convinte di non sapere niente e che mai sapranno niente e che chiunque ne saprà sempre più di loro da non provare neanche ad affrontare la confusione perchè tanto "che vuoi che capisca? cosa vuoi che cambi?"
Certamente. Infatti la parola stessa, con-fusione (fuso insieme) sta a significare uno stato in cui perdiamo noi stessi, la nostra individualità, e diventiamo un tutt'uno con l'altro.
Questo è uno stato, un passaggio, che come è stato detto è necessario per ogni apprendimento, per ogni iniziale comprensione. Dobbiamo "romperci" per poi "ricostruirci", e questo avviene grazie alla funzione dell' Abisso (merita rileggersi il thread, strettamente collegato a questo)
Non è necessario però sciogliersi del tutto, scomparire letteralmente come individualità, altrimenti la propria ricostruzione diventa pressochè impossibile.

Bisogna insomma conservare sempre un briciolo di individualità pur restando confusi, certe persone si sciolgono più del necessario e poi fanno fatica a uscire da questo stato intermedio, l'Abisso li risucchia interamente. Fanno insomma fatica a "tornare"...
Le persone che tu descrivi sono quelle che, dopo essersi sciolte forse eccessivamente ed aver fatto dunque una grande fatica per tornare, hanno una gran paura di dover riaffrontare una situazione del genere e smettono così di "mettersi in gioco"....
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Vecchio 31-07-2008, 16.42.37   #22
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...........................
Conta tanto l'importanza personale, e più ci diamo importanza e diamo importanza alla persona che parla, più andiamo in confusione se non afferriamo subito il concetto.....
Vale la stessa cosa anche se apparentemente ci diamo poca importanza ovvero crediamo che tutti siano sopra di noi, di non essere in grado di imparare etcetc.. e' solo l'altro lato della medaglia ma e' sempre un attaccamento a cio' che crediamo di essere.. anche il pensare di non poter mai raggiungere nessun grado di comprensione e' importanza personale, come dire, visto che tanto non ci arrivo inutile che mi impegno tanto per farlo. E' una scusa della mente come un'altra per non muoversi, in quel caso ci si limita a guardare con un misto di ammirazione e invidia nascosta (o all'opposto denigrando) chi ha buona cultura, chi ha un buon grado di comprensione etc, senza pensare che magari chi ci e' arrivato si e' dato e si da da fare per raggiungere certe cose...

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Su questo non parlerei proprio di importanza personale, ma di qualcosa di più profondo, collegato forse alla mente istintiva. Se siamo identificati nella mente, o in una fetta di essa, c'è poco da fare: per la nostra percezione quello siamo. Quindi mettere in discussione essa è mettere in discussione noi stessi, solvere essa è solvere noi e non possiamo non percepirlo come un pericolo, come la morte. D'altronde solvere qualsiasi nostra parzialità è un po' morire (per rinascere... ma dillo al bruco).
Scattano quindi le paure istintive.
Grazie adesso e' piu' chiaro ed in effetti ci vuole forza per lasciare andare (anche se sembra un controsenso) le proprie convinzioni, si teme di perdere se' stessi.. e questo spiega il perche' quella sensazione di confusione e' tanto spiacevole e si ha l'istinto di scappare a gambe levate per rifugiarsi in quelle cose che ci sono note.

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E' solo, compiuti alcuni peassetti su un certo percorso che ci possiamo identificare con qualcos'altro, qui spesso lo abbiamo chiamato osservatore, ma qualcunque sia il percorso sempre su qualcosa devo appoggiarmi. Quindi lo può fare chi si muove e non chi sta fermo. Per carità, un forte desiderio di apprendimento basta e avanza, ma se siamo identificati col desiderio non lo siamo con la nostra convinzione ed è quindi più facile rinunciarvi.
Quindi un forte desiderio (o anche la brama , finche' non si e' capaci di fare diversamente) di apprendere, e di conoscere, puo' far superare quella paura istintiva che non permette l'accettazione della confusione, lo si potrebbe considerare come un "prezzo da pagare" in cambio dell'apprendimento.. e finche' siamo identificati nella la mente o parte di essa come dicevi sopra, si potrebbe dire che inizialmente uno stimolo esterno e' indispensabile?... mentre quando si inizia quantomeno a riconoscere l'osservatore, le cose possono lentamente cambiare...

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.........
Si, il trucco sta nel sopportare quella sensazione senza cercare di fuggire da essa, di non voler guardare per non sentirla, come per molte altre cose. E sempre come per molte altre cose, molte altre acquisizioni, si tratta di un ascolto attivo.
E' vero la sensazione che provo quando sono confusa e' molto simile a quella che provo quando vedo qualcosa che devo sistemare (ricapitolare) e non mi garba vederla.. e' un misto di non-ne-ho-voglia-ho-una-fifa-blu-che-noia-non-voglio-soffrire e cosi' rimando.. solo che poi mi "dimentico" e via con un altro giro finche' non torna il momento buono..

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Bisogna insomma conservare sempre un briciolo di individualità pur restando confusi, certe persone si sciolgono più del necessario e poi fanno fatica a uscire da questo stato intermedio, l'Abisso li risucchia interamente. Fanno insomma fatica a "tornare"...
Le persone che tu descrivi sono quelle che, dopo essersi sciolte forse eccessivamente ed aver fatto dunque una grande fatica per tornare, hanno una gran paura di dover riaffrontare una situazione del genere e smettono così di "mettersi in gioco"....
E' interessante il discorso sul "briciolo di individualita' che bisognerebbe conservare, sarebbe bello espanderlo (magari in un altro post), inzialmente quella che noi identifichiamo con individualita' probabilmente non e' altro che l'insieme delle personalita' dominanti , quelle che permettono agli altri e a noi stessi di riconoscerci... come dire ho dei confini , una mia identita' .. mi rendo conto che e' confuso (appunto ).. ci penso un po' poi cerco di approfondire..

ps: interessante anche il fatto che si dice "sono confuso", ma anche "vado in confusione, certe cose mi mandano in confusione"...

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Vecchio 01-08-2008, 00.09.58   #23
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Quindi un forte desiderio (o anche la brama , finche' non si e' capaci di fare diversamente) di apprendere, e di conoscere, puo' far superare quella paura istintiva che non permette l'accettazione della confusione, lo si potrebbe considerare come un "prezzo da pagare" in cambio dell'apprendimento.. e finche' siamo identificati nella la mente o parte di essa come dicevi sopra, si potrebbe dire che inizialmente uno stimolo esterno e' indispensabile?... mentre quando si inizia quantomeno a riconoscere l'osservatore, le cose possono lentamente cambiare...


La brama non si affronta subito. E' qualcosa con cui si deve fare certamente i conti prima o poi, ma solo per vederla anche superficialmente in se stessi, occorre aver fatto un pezzetto di strada.
Quindi è chiaro che, prima di questo momento (e anche dopo ma in diversa misura e modalità) assieme al desiderio di conoscenza viaggia la brama per essa. E, come nessuna cosa è negativa in se, anche la brama può essere usata. Anzi direi che è inevitabile... se ci si pensa è proprio la brama che guida in un bel pezzo del cammino. D'altronde quando partiamo, decidendo di migliorarci, siamo quello che siamo e quello che abbiamo dobbiamo usare.
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Vecchio 01-08-2008, 00.14.12   #24
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E' interessante il discorso sul "briciolo di individualita' che bisognerebbe conservare, sarebbe bello espanderlo (magari in un altro post), inzialmente quella che noi identifichiamo con individualita' probabilmente non e' altro che l'insieme delle personalita' dominanti , quelle che permettono agli altri e a noi stessi di riconoscerci... come dire ho dei confini , una mia identita' .. mi rendo conto che e' confuso (appunto ).. ci penso un po' poi cerco di approfondire..
Quel briciolo di identità è quello a cui mi riferivo sopra con l'osservatore (ma può essere altro). E' quella base a cui ci si può appoggiare per lasciare solvere il resto, anche se la sensazione non sparice e un po' tocca avere fiducia.
Dico osservatore perchè lo chiamiamo così, ma alla fin fine è una parzialità dell'io nella quale confluiscono tutte le spinte verso la ricerca. Poi quando è abbastanza grosso, fa da centro di gravità e attira il resto inglobandolo... ma va fornito costantemente di energia (si deve "stare" li). Tra l'altro, man mano che cresce, si sposta verso il vero centro (difficile che di buon principio sia subito proprio centrato) e quando lo trova può diventare centro permanente.
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Vecchio 01-08-2008, 16.46.58   #25
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Quel briciolo di identità è quello a cui mi riferivo sopra con l'osservatore (ma può essere altro). E' quella base a cui ci si può appoggiare per lasciare solvere il resto, anche se la sensazione non sparice e un po' tocca avere fiducia.
Dico osservatore perchè lo chiamiamo così, ma alla fin fine è una parzialità dell'io nella quale confluiscono tutte le spinte verso la ricerca. Poi quando è abbastanza grosso, fa da centro di gravità e attira il resto inglobandolo... ma va fornito costantemente di energia (si deve "stare" li). Tra l'altro, man mano che cresce, si sposta verso il vero centro (difficile che di buon principio sia subito proprio centrato) e quando lo trova può diventare centro permanente.
Sono fuori tema sicuramente, ma vista la tranquillita' del forum di questi giorni approfitto e chiedo qui, poi in caso apriamo un post a parte dedicato.

Chiamiamo osservatore quella parte che ci permette di tenerci d'occhio, e che inizialmente permette di cominciare un lavoro di osservazione di noi stessi (per definirlo a me viene da dire che quella parte riesce ad osservare contemporaneamente dall'interno di me e dall'esterno) ed e' in quella parte che poi dovrebbero confluire tutte le piccole parti e che andranno a formare quello che possiamo chiamare Io, la famosa individuazione, giusto?
Il "si deve stare li' " e' cio' che definivi "osservazione attiva " qualche post piu' sopra?
Ed e' questa parte che deve essere mantenuta anche durante le fasi di solve (confusione), in modo da non perdere quel briciolo di individualita'....

Quel che intendevo io nel mio (confuso) post in effetti era altro, e' un po' di tempo che ci sto pensando ma non so se riesco a metterlo ancora in maniera comprensibile.
Quel che crediamo di essere ordinariamente e' dato dall'insieme delle personalita' dominanti giusto? Io mi vedo in un certo modo (sicura/insicura, simpatica o antipatica, brillante o meno etc), e tutte queste parti fanno in modo che mi esprima all'esterno in un certo modo, che abbia in qualche modo dei tratti dominanti diversi per esempio da te, o da altri e nei quali mi riconosco e mi riconoscono gli altri. Quando si comincia un lavoro su di se' queste cose, vengono un po' a mancare, si inizia a vedere che quel che crediamo di essere non e' altro che una parzialita', e andremo ad esplorare altre cose (spesso gli opposti di cio' che avevamo visto fino a quel momento). Ne segue la perdita dei riferimenti.. e quindi la perdita di quella " identita' ' se cosi' possiamo chiamarla che credevamo nostra.. mentre mi sto facendo l'idea che finche' non si cambia completamente, finche' comunque abbiamo certi modi di fare, e di essere (anche se ci stiamo trasformando) quelli non dovrebbero essere persi per strada (nascosti a favore di ulteriori maschere) perche' in quel momento.. quello effettivamente siamo.
Non so se sia vagamente comprensibile...
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