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Vecchio 05-01-2006, 13.47.31   #1
Uno
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Predefinito Attaccamento alle persone, nostalgie e reali affetti

Discussione mezza affrontata in altre ma mai a se.
Perchè praticamente quasi tutti si attaccano a delle persone in maniera quasi morbosa oserei dire? Che cosa trasferiamo nei rapporti con le persone?
Noto spesso che i rapporti tra persone sono sempre agli estremi della scala... parlo di rapporti che si protaggono nel tempo e che vanno verso una certa complicità o anche la necessita (es vicini, colleghi etc che si vedono tutti i giorni)
Gli estremi o "amore" o "odio" si parte con l'attrazione per il nuovo a velocità 1000 per poi accorgersi che il nuovo ha anche dei punti negativi (almeno secondo il nostro vedere... poi possono essere anche oggettivi) e spesso in breve si esaurisce la spinta iniziale arrivando all'opposto della scala...
Il fondo è il desiderio di trovare amicizia
Poi ci sono e fazioni di quelli che per non sbagliare non si legano mai molto (sono sincero lo faccio con i vicini di casa... per evitare problemi logistici) ma che in situazioni normali perdono la possibilità di uno scambio vitale e profondo... le scuse sono molteplici ma il fondo è sempre la paura...

Il discorso si può espandere... tolte le contingenze che a volte ci impongono determinati comportamenti (tipo vicini o colleghi etc) sarebbe interessante esplorare un giusto equilibrio che non sia calcolato ma stile di vita aperto al nuovo senza cadere nei fondamentalismi.....
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Vecchio 05-01-2006, 17.56.10   #2
mizza
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Il problema vero è ,secondo me, che gli attaccamenti sono compensazioni e di conseguenza nuociono al corpo emozionale. Altro discorso è l'Amore , quello Vero non si tramuta mai in odio.
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Vecchio 05-01-2006, 19.01.04   #3
RedWitch
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Sono d'accordo con Mizza. Sulle altre persone , trasferiamo "quel che ci manca" quello che non riusciamo a trovare in noi stessi innanzi tutto... accettazione, sicurezze .. quindi, negli altri, secondo me, cerchiamo, conferme... sul nostro essere (buoni, compresi, accettati).... attraverso gli altri, soddisfiamo (che poi mica ci riusciamo) noi stessi... cerchiamo.. riferimenti. E all'opposto, quando andiamo all'eccesso "negativo", è perchè in quella determinata persona, non troviamo piu' niente di tutto questo, e allora, vediamo solo i "difetti" ... vediamo ad esempio "quel che la persona in questione ci ha dato, e poi ci ha tolto" (ma in base a che cosa stabiliamo questo?) , perchè abbiamo perso il "riferimento"
Quelli che non si legano mai molto.... lo fanno per paura di rivivere determinate situazioni (avere un riferimento per poi vedere che quel riferimento ci viene tolto), e quindi, per evitare delusioni , per evitare di soffrire mantengono contatti superficiali, danno il meno possibile... ma poi così stanno meglio? Precludersi la possibilità di conoscere, scambiare, è un po' come precludersi di vivere a mio parere e rimanere chiusi in sè stessi (magari ricercando il "legame perfetto" pretendendo che caschi dal cielo)

Trovare un equilibrio è possibile, come sempre credo che partire da sè stessi, muoversi, innanzi tutto osservarsi e capire che la maggior parte dei nostri comportamenti verso gli altri è lo specchio di cio' che (crediamo) ci manchi.... e che regolarmente riversiamo sugli altri. Capire che il primo punto di riferimento per noi stessi, dobbiamo essere noi stessi...
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Vecchio 05-01-2006, 21.02.22   #4
Era
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ma si ...

attaccamento sa proprio di colla...ma di quella tosta...
e non ci sta bene nessuno...o meglio si crede...si travisa
l' attaccamento ad ogni attimo o situazione....
amicizia? rara...gia stato detto...ma ci stà come discorso...
amore? ma anche le nostalgie ed addirittura ci si attacca
ai sentimenti più bassi...
cosa trasferiamo? ma tutto il peggio di noi...se è attaccamento..
così fa pure l' altro...e la frittata è fatta...

innanzitutto il rispetto di se e degli altri... (che poi è lo stesso)
e poi un bel po di scollante...che permetta di vedere quanto poco
o meglio...niente ci appartiene....eppure c'è sto modo di parlare
mia moglie ...mio figlio...mio..mio..mio..hai voglia di attaccamento...
__________________
Dio mi conceda
la serenità di accettare
le cose che non posso cambiare
il coraggio di cambiare
quelle che posso cambiare
e la saggezza
di distinguere tra le une e le altre
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Vecchio 05-01-2006, 22.11.27   #5
Kael
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Il fondo è il desiderio di trovare amicizia
E' tutto in questa frase secondo me.
Il bisogno di cercare negli altri quello che non sappiamo trovare (per mancanze nostre ovvio) in noi stessi.

Quindi è un'usare l'altro nel tentativo (vano) di raggiungere questa completezza, l'unità, visto che non possiamo raggiungere fuori quello che possiamo essere soltanto dentro...
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Vecchio 06-01-2006, 01.30.29   #6
jezebelius
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le scuse sono molteplici ma il fondo è sempre la paura...

sarebbe interessante esplorare un giusto equilibrio che non sia calcolato ma stile di vita aperto al nuovo senza cadere nei fondamentalismi.....
Credo di si.
La paura gioca un ruolo fondamentale nei rapporti interpersonali.
Questa è la causa a mio avviso ed è la prima a dover essere presa in considerazione.
E' vero cerchiamo negli altri ciò che in noi stessi non abbiamo trovato e non riusciamo a trovare ma è anche vero che molti, in conseguenza ad esempio del loro vissuto, cercano anche di non rivivere una simil esperienza negativa voltando la faccia affinchè non venga danneggiata da essa; si cerca di scappare essendo parte di un meccanismo di difesa, a qualsiasi tipo di contatto che è potenzialmente un collegamento tra il vissuto ed il presente.
Lo stile di vita per non essere calcolato dovrebbe essere "spontaneo " senza la benchè minima costrizione dalla quale puntualmente ci facciamo condizionare. In altri termini credo che si possa affermare che paura e completezza ( desiderio di ) possono risultare due facce di una stessa medaglia.
Creiamo quel circolo vizioso a causa del quale ( ri ) cerchiamo qualcosa che manca al nostro interno trasferendolo negli altri ma allo stesso tempo ci assale la paura che condiziona il nostro agire limitandoci nelle azioni per evitare di rivivere un fatto o un'azione particolare. Una sorta di complementarietà, tra i due elementi, subdola che ovviamente condiziona qualsiasi tipo di rapporto. Non dico nulla di nuovo dicendo che Conoscersi e quindi dissolvere il meccanismo spostando i punti di riferimento è il primo passo, suppongo, per capire come meglio affrontare anche le situazioni con altri.
Potrebbe anche essere definita psicologia spicciola la mia, assolutamente comprensibile, ma mi trovo a dover sottolineare che quello che uno cerca ( negli altri ) è strettamente connesso ( forse interdipendente ) alla paura - che mi porto dietro - di rivivere situazioni che mi hanno ferito in qualche modo.
Mhm.....ritornando allo stile di vita non calcolato........credo che sia possibile ma l'impegno sarà considerevole.
Se consideriamo per " non calcolato " la neutralità che, una volta che si è capito il meccanismo, si puo mostrare, non penso che allora si possa parlare di calcolo visto che ogni circuito vizioso potrebbe risultare dissolto.
Il vivere " non calcolato " comprende a mio avviso anche il non pensare alle conseguenze che da un determinato comportamento possono derivare o quanto meno pensarvici ma in maniera Costruttiva senza farsi nuovamente assalire dalla costrizione.
Potrebbe andar bene a qualunque livello e poi da qualche parte bisogna iniziare.
Quello al quale voglio fare riferimento è l'aspetto fondamentalista - o simil tale - che potrebbe delinearsi agli occhi degli altri, in un mio agire " neutrale ".
Va da se che fondamentalismo più o meno si traduce col portare allo stremo una ideologia per cui forse non ha nulla a che vedere con "selezione "; a pensarci bene potrebbero essere due atteggiamenti simili o quanto meno vicini.
Col fondamentalismo " ( ri ) cerchiamo " chi persegue la medesima ideologia ( nel più dei casi ci si ritrova a perseguire un medesimo fine ); con la " selezione " invece, ( ri ) cerchiamo chi possiede determinate caratteristiche le quali in un certo modo soddisfano un qualcosa che mi spinge a selezionare chi si trova a venire a contatto con le prerogative che pongo alla base della mia ricerca. Naturalmente ricerca che si riflette in una sorta di affinità ( se non addirittura tale ) con gli altri.
Forse non ho detto nulla ma il discorso potrebbe svilupparsi anche su altri piani.
__________________
Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 01-07-2007, 13.25.44   #7
jezebelius
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Perchè praticamente quasi tutti si attaccano a delle persone in maniera quasi morbosa oserei dire? Che cosa trasferiamo nei rapporti con le persone?

Noto spesso che i rapporti tra persone sono sempre agli estremi della scala... parlo di rapporti che si protaggono nel tempo e che vanno verso una certa complicità o anche la necessita (es vicini, colleghi etc che si vedono tutti i giorni)

Gli estremi o "amore" o "odio" si parte con l'attrazione per il nuovo a velocità 1000 per poi accorgersi che il nuovo ha anche dei punti negativi (almeno secondo il nostro vedere... poi possono essere anche oggettivi) e spesso in breve si esaurisce la spinta iniziale arrivando all'opposto della scala...

Il fondo è il desiderio di trovare amicizia
Richiamo un attimo quello che è gia stato detto forse, dicendo che alla fine il desiderio di trovare amicizia esprime una specie di desiderio di complementarietà; una ricerca che si muove in base a ciò che a noi manca.
Credo che l'attaccarsi alla persone identifichi un attaccamento a ciò che in quella persona si è trovato.
Alla fine la paura di perdere ciò che abbiamo trasferito in chi ci sta di fronte fa scattare queste paure del tipo: " Ora l'ho trovato quello che cercavo...e non devo farmelo scappare " ( naturalmente dialogo inconscio ).
Quindi nelle persone, oltre a noi stessi, trasferiamo ciò di cui abbiamo bisogno ossia colmare quelle mancanze che se non sappiamo essere tali porteranno, forse estremo come esempio, ad una specie di dipendenza di noi verso l'oggetto al quale abbiamo dato l'onere di colmare la nostra lacuna.
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 01-07-2007, 19.06.29   #8
Faltea
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Concordo con Jaz.
Se chi ci sta di fronte ci fa in qualche maniera da specchio, riflette anche i nostri problemi/mancanze e ci da la possibilità di affrontarli e forse risolverli...
Penso che diventi ossessione nel momento in cui riteniamo che questo buco riempito (o problema risolto) non sia farina del nostro sacco ma sia frutto della relazione in atto, per non cadere di nuovo nella "mancanza" ci si aggrappa all'altro/a (amico, parente, partner).
Personalmente ho notato che se dipendo in qualche misura da una persona o da un gruppo (quantomeno lo penso io per cui è tutto da vedere se è realmente così) tendo a piazzarci uno stacco...
Idem se sento che qualcuno dipende da me.
Di conseguenza ritengo che l'ossessione esiste se alimentata, magari inconsciamente, magari no.

La vecchia storia del carnefice e della vittima. Uno esiste in funzione dell'altro.
Faltea non è connesso  
 


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