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Vecchio 12-11-2007, 12.59.29   #1
griselda
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Predefinito La scelta delle scuole superiori

Giorni fa sono andata ad ascoltare una psicologa che spiegava ai genitori di ragazzi di terza media le possibili scelte scolastiche per le scuole secondarie.
Oggi vige l'obbligo dello studio sino a 18 anni.
Si può uscire dalla scuola per entrare nel mondo del lavoro solo o a 17 se il diploma viene rilasciato, come da alcuni istituti a quell'età, oppure a 16 se si inizia a lavorare per una ditta che ti garantisce 240 per due anni di scuola per imparare a lavorare in essa.
Poi hanno elencato i vari istituti del territorio, iniziando dagli istituti professionali dove impari un mestiere che sia paracchiere estitista, idraulico, meccanico, muratore etc
Poi ci sono i vari ITIS e avanti ancora i Licei.
L'iscrizione alla nuova scuola dovrà pervenire presso l'istituto entro il mese di gennaio. (Tutti nel panico perchè fino all'anno scorso si poteva scegliere sino a luglio) Nel qual caso ci siano dei ripensamenti si può richiedere all'istituto in questione di rialsciarci un nullaosta che questo potrebbe anche rifiutare, per poter accedere ad altro.
Oggi esiste a differenza di alcuni anni fa la possibilità di poter cambiare istituto ed indirizzo durante i primi quattro anni di studio. Si fa domanda ad entrambe le scuole e facendo un esame test di entrata se superato viene accordato il passaggio.
In questi giorni hanno anche organizzato i link che permettono agli studenti di ascoltare dalle varie scuole i loro programmi scolastici, vari indirizzi ei possibili sbocchi universitari futuri o lavorativi. Inoltre avranno la possibilità di fare uno stage di un giorno nella scuola scelta entro dicembre.
Devo dire che questa iniziativa da parte delle scuole mi è parsa davvero bella.
Tutto molto bello per carità il tasto dolente arriva quando a 13 anni non si sa ancora scegliere, tolti alcuni pochi per la verità, che hanno già in mente cosa vogliono fare da grandi, gli altri sono spaventati e con loro i genitori.
Le domande di rito sono? Riuscirà a farcela? Quale scuola è meglio per lui? Per quale è portato? Alla fine le scelte saranno legate a tutto (tipo l'amico ha scelto quello vado con lui per non andare da solo o altre paure) tranne alla vera inclinazione del ragazzo, che secondo me dovrebbe essere già stata vagliata durante tutti questi anni di studio da parte degli insegnanti. ( Anzi alcuni invece che invogliare mettono insicurezza ai ragazzi per loro soggettività)
Che ne pensate?
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Vecchio 12-11-2007, 14.23.54   #2
jezebelius
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Per quanto mi riguarda il problema esiste.
Molto lodevoli le iniziative della scuola anche se, per altro verso, si dovrebbe affrontare una riforma più radicale secondo me. Al momento però soffermiamoci su questa che abbiamo.
Anche io, ho avuto molti problemi a scegliere il tipo di scuola, per potere continuare gli studi. Devo dire che questo dipende anche, e soprattutto, dalla inclinazioni del ragazzo e dalla maturità di questo.
Non è un caso che mi son trovato ad un certo punto nella situazione per la quale, pur avendo perso qualche anno, avrei voluto cambiare tipo di scuola, magari scoprendo che la mia inclibazione era per il Liceo, ma poi ho continuato quella in cui stavo, poichè mi sembrava " dispendioso" e non fruttuosa la scelta del cambiamento, giacchè, ormai, ero arrivato quasi alla fine. Quindi una maturità scolastica, se vogliamo e per quanto mi riguarda, che è arrivata tardi.
Col senno di poi si vorrebbero fare molte cose e questo è risultato essere uno dei casi.
Insomma la scelta è stata affrontata dai miei genitori in quanto mi son trovato nella condizione di non saper scegliere ( una cosa che mi porto dietro da un po! ) per cui loro - i miei genitori - lo hanno fatto pensando a quello che avrei potuto concludere e, ancora di più, all'immediatezza del lavoro che forniva o avrebbe fornito la scuola tecnica nel caso non avessi voluto continuare gli studi all'università.
E' vero che ci sono mille paure per il genitore ma credo che sia compito di questo responsabilizzare, anche in questo senso, il/la ragazzo/a.
Forse sarebbe il caso di includerlo facendolo partecipe per la scelta, una volta che più o meno si son viste tutte le possibilità - ma mi rendo conto che non è il massimo anche in questo caso - che la scuola offre. Ma soprattutto non farsi prendere, poichè il genitore è molto incline a questa dinamica e so anche che non è affatto semplice, da facili allarmismi del tipo: " Eh..ma la scuola è lontana" o anche " la scuola che vuoi fare tu non ti porta da nessuna parte " e via discorrendo.
La prima domanda, se pure scontata certamente, dovrebbe essere: " Cosa ti piacerebbe fare/studiare"?
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Dr. Marc Haven
“Non deve essere l’alba di luce che deve iniziare ad avvisare la tua anima di tali doveri giornalieri e dell’ora in cui gli incensi devono bruciare sui fornelli; è la tua voce, solo lei che deve chiamare l’alba di luce e farla brillare sulla tua opera, alfine che tu possa dall’alto di questo Oriente, riversarla sulle nazioni addormentate nella loro inattività e sradicarle dalle tenebre in cui versano.”
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Vecchio 12-11-2007, 19.24.26   #3
RedWitch
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Concordo con te Gris, quando dici che a 13 anni scegliere una scuola, che indirizzi verso il futuro, non è semplice, se non si hanno le idee chiare.
Le inclinazioni del ragazzo sono credo la prima cosa di cui bisogna tener conto, ma se lui non ha le idee chiare, penso che sia anche giusto dargli una mano a trovare un indirizzo che non deve essere pero' quello che avremmo voluto fare noi...
Non conoscevo le iniziative di cui hai parlato, e penso che siano buone, perchè quantomeno offrono una panoramica di quello che dovrebbe essere il tipo di programma che seguono.
Credo che, a meno che non si tratti di una scuola specifica professionale , tutte le scuole, poi diano l'accesso all'università, sono rimasta "ai miei tempi", e non so bene come funzioni, pero' viste come sono le cose oggi a livello lavorativo, per mia esperienza, trovo meglio un indirizzo che possa dare uno sbocco lavorativo dopo la scuola. (Questa mia considerazione è fatta con il senno del poi.. perchè ho frequentato un liceo, e ad oggi potendo avrei scelto un altro indirizzo).
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Vecchio 13-11-2007, 15.21.07   #4
griselda
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La prima domanda, se pure scontata certamente, dovrebbe essere: " Cosa ti piacerebbe fare/studiare"?
In effetti questa è la prima domanda, da quanto ho ascoltato in giro che facciamo ai ragazzi.
Poi subentrano le paure dei genitori, che condizionano la scelta, ma anche l'esperienza. Chi ha ad esempio studiato in un istituto tecnico ad esempio riporta la sua esperienza ovvero essere uscito dalla scuola con un sapere ormai obsoleto, perché la tecnologia viaggia veloce.
Chi ha scelto un liceo come dice bene RedW e poi si è fermato porterà la sua esperienza. Ovvero ognuno con il suo bagaglio dirà la sua e non se ne esce.
Il materialista guarderà ad uno sbocco remunerativo mentre un altro penserà ad un lavoro che possa essere di utilità per la società. E questi ragazzi cosa sceglieranno visto che il loro desideri a questa età sono come foglie al vento?
Come dice una persona che conosco: fammi indovino che ti faccio ricco. Lo sbaglio è di voler controllare tutto mentre questi ragazzi devono fare le loro esperienze per comprender-si (?)

Si può fare tutto a questo mondo ci vuole impegno e costanza alla fine è la sola cosa che conta, le scelte vanno portate sino alla fine costi quel che costi perché l’unico modo per poter arrivare da qualche parte è: impegnarsi senza pretendere più di quello che si può.
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Vecchio 13-11-2007, 23.27.43   #5
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Ma siamo sicuri che 13 anni sia un'età troppo bassa per sapere cosa si vuol fare da grandi? Se guardiamo al passato e ai trend di "sviluppo" (haha) della società, vediamo in questo campo come in tutti gli altri, un sempre maggiore aumentare del tempo in cui siamo adolescenti, bambini... beh diciamo pure bambocci.

Si può sapere cosa si vuol fare anche da piccoli... e se questo corrisponde a ciò che fa mio padre (per esempio) beh, che c'è di male? Quello è l'esempio vicino al quale sono cresciuto.

Oggi ci si preoccupa molto delle scelte che devono fare gli altri... o che ci sembra di dover fare per gli altri (indirizzare ci raccontiamo), ma ci preoccupiamo se abbiamo messo i nostri figli nella migliore condizione possibile per poter scegliere (ed eventualmente sbagliare) con la loro testa? Attenzione che per "condizione migliore possibile" intendo qualcosa di specifico all'individuo in questione, non in assoluto.

O siamo noi che, con la nostra scarsa capacità di scegliere e di reggere la scelta, indeboliamo chi ci circonda?

Anche tutto questo preoccuparsi delle predisposizioni (psicologi addirittura che le studiano nei ragazi e quant'altro)... come se seguire la nostra più spiccata predisposizione fosse la miglior scelta... come se fosse possibile non seguirla (perchè per forza nel lavoro?)...

Ma ormai siamo talmente tanto condizionati dal denaro che guai al solo pensare di non sfruttare una predisposzione per guadagnare e/o vivere il più agiatamente possibile.
Una volta si faceva ciò che era necessario e solo dopo ciò che ci riusciva meglio...
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Vecchio 14-11-2007, 00.14.43   #6
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Ma siamo sicuri che 13 anni sia un'età troppo bassa per sapere cosa si vuol fare da grandi?
Se guardiamo al passato e ai trend di "sviluppo" (haha) della società, vediamo in questo campo come in tutti gli altri, un sempre maggiore aumentare del tempo in cui siamo adolescenti, bambini... beh diciamo pure bambocci.

Si può sapere cosa si vuol fare anche da piccoli... e se questo corrisponde a ciò che fa mio padre (per esempio) beh, che c'è di male? Quello è l'esempio vicino al quale sono cresciuto.

Oggi ci si preoccupa molto delle scelte che devono fare gli altri... o che ci sembra di dover fare per gli altri (indirizzare ci raccontiamo), ma ci preoccupiamo se abbiamo messo i nostri figli nella migliore condizione possibile per poter scegliere (ed eventualmente sbagliare) con la loro testa?
Attenzione che per "condizione migliore possibile" intendo qualcosa di specifico all'individuo in questione, non in assoluto.

O siamo noi che, con la nostra scarsa capacità di scegliere e di reggere la scelta, indeboliamo chi ci circonda?

Anche tutto questo preoccuparsi delle predisposizioni (psicologi addirittura che le studiano nei ragazi e quant'altro)... come se seguire la nostra più spiccata predisposizione fosse la miglior scelta... come se fosse possibile non seguirla (perchè per forza nel lavoro?)...

Ma ormai siamo talmente tanto condizionati dal denaro che guai al solo pensare di non sfruttare una predisposzione per guadagnare e/o vivere il più agiatamente possibile.
Una volta si faceva ciò che era necessario e solo dopo ciò che ci riusciva meglio...
Credo che l'accento vada posto sul fatto che molto spesso, i genitori, sono " condizionati " da condizioni esterne per cui concordo con Ray.
E' ovvio, seguendo per altro il suo ragionamento, che io, in quanto genitore, cercherò al meglio di indirizzare ( e se non ci riuscirò da solo chiederò aiuto in giro anche a persone cosi dette " competenti" sia pure per farmi un idea ) o la scelta di mio figlio oppure, addirittura, mio figlio in quella scelta in cui la condizione mi ha portato.
Che sia condizione sociale od economica, e questa sicuramente in prospettiva del futuro, di solito si guardano queste per formulare un percorso più o meno, che perlatro potrebbe essere valido o anche no.
Il più delle volte, però, neanche si tiene conto delle " inclinazioni " ( predisposizioni mi sa di qualcosa che va più nel profondo ed un genitore, di solito, per il sol fatto di essere " papà o mamma " è convinto di ciò che per il figlio può andare bene, quando invece è una scelta dettata anche e soprattutto, come detto, da fattori esterni oltre che fuoriviata forse da una visione unilaterale ).
Poi, continuando, se da un lato esiste la preoccupazione per il figlio soprattutto per il suo futuro in conseguenza delle scelte che questo si accinge a percorrere e dall'altro il ragazzo che è chiamato a sopportare un peso, in quel momento forse, non sopportabile, entra in gioco ( e come non potrebbe ) quel fattore per il quale si è disposti ad alleviarlo da tale peso.
Non dico che sia anormale come modo di fare e men che meno che bisogna catapultare il giovane in un territorio che ancora non conosce ma semplicemente che un comportamento siffatto andrebbe calibrato durante la vita del ragazzo ovvero studiati i momenti in cui queste responsabilità devono venir fuori.
In sostanza , oltre ad essere " papà o mamma " va insegnato a come addossarsi gli oneri della vita e questo della scelta della scuola, perchè no, potrebbe essere un buon inizio.
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Vecchio 14-11-2007, 16.02.31   #7
gibbi
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...Oggi ci si preoccupa molto delle scelte che devono fare gli altri... o che ci sembra di dover fare per gli altri (indirizzare ci raccontiamo), ma ci preoccupiamo se abbiamo messo i nostri figli nella migliore condizione possibile per poter scegliere (ed eventualmente sbagliare) con la loro testa? Attenzione che per "condizione migliore possibile" intendo qualcosa di specifico all'individuo in questione, non in assoluto.


O siamo noi che, con la nostra scarsa capacità di scegliere e di reggere la scelta, indeboliamo chi ci circonda?...
Di questa frase ...aver messo i nostri figli nella migliore condizione possibile per poter scegliere o sbagliare con la loro testa comprendo solo il senso letterale . Posto che non ne comprendo il "significato"ne deduco che sicuramente non l'ho fatto nè in senso assoluto nè tantomeno nello specifico per mio figlio.
Deduco anche per conseguenza la mia scarsa capacità di scegliere e di reggere una eventuale scelta .
Ammiro profondamente chi è in grado di valutare con certezza se il figlio 13enne ( quello che non mostra una spiccata predisposizione , che si arrangicchia in tutte le materie) sa realmente cosa vuol fare, o se , alla fin fine , è solo un bamboccio , chi al giorno d'oggi può permettersi di lasciare che il figlio coltivi le sue "fantasie" ( non eventuali inclinazioni) omettendo di dare un'occhiata intorno per valutare l'opportunità che il proprio figlio possa riuscire a vivere guadagnando ciò che gli necessiterà(perchè è anche di questo che si tratta, non sempre e necessariamente dei lussi ) o chi avendo fatto una scelta scolastica errata che ha inciso poi negativamente nella propria scelta lavorativa abbia la capacità di serenamente stare a guardare il figlio che ripercorre lo stesso cammino ....
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Vecchio 14-11-2007, 17.07.39   #8
griselda
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Una volta si faceva ciò che era necessario e solo dopo ciò che ci riusciva meglio...
C'erano un sacco di cosa sopra, tutte vere per carità,a cui avrei voluto rispondere, ma erano troppe e mi fumava la testa.
Inizio da questa poi chissà l'appetito vien mangiando.
Una volta la scuola parlo almeno per me finiva con la terza media alle superiori ci andavano solo i figli di chi poteva permetterselo o chi mostrava grandi capacità per cui veniva aiutato in qualche modo.....
Pero fuori dalla scuola si poteva facendo gavetta arrivare ad ottenere una buona posizione, dove per buona posizione intendo uno stipendio che ti permetteva di vivere decentemente. Oggi ti domandano che titolo di studio hai che laurea hai e poi fai la gavetta. Ora esci da una scuola professonale di meccanico tra l'altro obbligatoria e vai a scopare l'officina.
Guardandoci in giro non è che tutte le famiglie oggi abbiano chissà quali mezzi da permettersi, anche se la scuola lo concede, di cambiare istituto, perchè si è migliorata e non perdi l'anno se superi un test, come dicevo sopra, ma i libri li devi riacquistare con quello che costano oggi.
Tu puoi seminare ma in ogni caso i semi maturano al loro giusto tempo e i tempi come dici tu oggi si sono allungati per colpa di chi...non cambia la situazione se quella ormai è. Per cui si può solo sopperire almeno insegnando l'impegno, ma si sa che a questa età tranne rari casi che cmq poi vivono altre problematiche, perchè da adolescenti sembra ci sia solo la voglia di mettere gli altri e se stessi alla prova. Insomma un'età particolare dove si lotta in continuazione senza neppure sapere contro cosa. E i genitori i più delle volte rimangono spiazzati perchè non si ricordano più di esserci passati e prendono paura guardano alle loro paure invece che sostenere ed andare incontro ai loro figli.
Come dice giustamente Gibbi loro danno più credito alle loro fantasie che alle loro attitudini mica possiamo andargli a dietro ma neppure sminuire questo loro modo di vedere. Ma tenere conto di entrambe le cose supportandoli in continuazione.Non parlo di sostituirsi ma di sostegno. Se li guardo oggi li vedo presi da tutto tranne dai loro impegni, ma mica perchè sono impazziti ma perchè sono impazziti i loro ormoni e stanno subendo un cambiamento enorme sia fisico che non.
Mio figlio ad esempio che è sempre stato abituato a studiare senza doverlo spingere sapeva fare il proprio dovere ora ogni tanto è incantato e si perde via.....prima tutto si e sorrisi ora incavolato per un nonnulla e via dicendo.
Ecco perchè dico non faciile la scelta a tredici anni, perchè sono già sottoposti ad un cambiamento tale che una scelta in questo momento è davvero difficile anche se non impossibile.
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Vecchio 14-11-2007, 17.46.57   #9
RedWitch
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Ma siamo sicuri che 13 anni sia un'età troppo bassa per sapere cosa si vuol fare da grandi? Se guardiamo al passato e ai trend di "sviluppo" (haha) della società, vediamo in questo campo come in tutti gli altri, un sempre maggiore aumentare del tempo in cui siamo adolescenti, bambini... beh diciamo pure bambocci.

Si può sapere cosa si vuol fare anche da piccoli... e se questo corrisponde a ciò che fa mio padre (per esempio) beh, che c'è di male? Quello è l'esempio vicino al quale sono cresciuto.

Oggi ci si preoccupa molto delle scelte che devono fare gli altri... o che ci sembra di dover fare per gli altri (indirizzare ci raccontiamo), ma ci preoccupiamo se abbiamo messo i nostri figli nella migliore condizione possibile per poter scegliere (ed eventualmente sbagliare) con la loro testa? Attenzione che per "condizione migliore possibile" intendo qualcosa di specifico all'individuo in questione, non in assoluto.

O siamo noi che, con la nostra scarsa capacità di scegliere e di reggere la scelta, indeboliamo chi ci circonda?
Non ho figli, dunque parlo solo per parte di "figlia", è vero che si puo' sapere cosa fare fin da piccoli, ma anche no.
Ci si trova a 13 anni a dover scegliere qualcosa che poi condizionerà tutta la vita, perchè che lo si voglia ammettere o meno, la formazione scolastica inciderà poi sul lavoro ( anche se ci sono persone laureate che fanno un lavoro completamente differente da quello per cui hanno studiato)
Se ci si trova davanti ad un ragazzo/a che sa cosa vuole fare, il problema quasi non si pone ( a meno di non voler imporre scelte proprie).. ma nell'esempio di Gibbi, se un figlio si arrangia in tutte le materie ma non ha le idee chiare, credo che se un genitore puo' dal suo punto di vista allargare l'orizzonte del ragazzo, debba farlo, il metterlo nelle condizioni migliori possibili, lo leggo anche come questo, mettergli a disposizione delle variabili che non calcola. (lasciandogli la scelta e la possibilità di sbagliare o meno)

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Vecchio 14-11-2007, 17.51.19   #10
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io ero un ragazzo che a suo tempo riusciva in un pò tutte le materie.
così pure alle superiori e così pure all'università.
chissà perchè... però tutti preferiscono gli "specialisti" in qualcosa...
io mi limiterei a dare le basi a mio figlio (su cui poggiare)
il resto spetta a lui le scelte sono sue
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Vecchio 14-11-2007, 17.54.27   #11
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o chi avendo fatto una scelta scolastica errata che ha inciso poi negativamente nella propria scelta lavorativa abbia la capacità di serenamente stare a guardare il figlio che ripercorre lo stesso cammino ....
Porto il mio esempio.
Ho smesso di studiare e non avevo ancora l'età per andare a lavorare, i miei genitori non si sono opposti, mi hanno detto non hai voglia di studiare vai a lavorare.
Io avevo un età in cui non ero in grado di decidere, mi trovavo sottosopra proprio a causa di quel cambiamento, ma siccome i miei genitori avevano frequentato solo le scuole elementari per loro era normale che io potessi smettere ed andare a lavorare, senza porsi il problema di cosa avrei fatto e come sarebbe stato il mio futuro. Per buona parte della mia vita ho rimpianto quella mia scelta oggi me sono fatta una ragione.
Ho passato la vita da un lavoro all'altro tra l'altro i più in nero. E' chiaro che oggi non farei mai lo stesso "errore" di dare credito a mio figlio se mi dicesse che a quell'età vuole andare a lavorare. Loro hanno fatto ciò che sapevano fare e in cui credevano come farò io. Non sarò ne migliore ne peggiore ognuno fa quello che sa e può fare.
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Vecchio 14-11-2007, 18.37.07   #12
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.... ma nell'esempio di Gibbi, se un figlio si arrangia in tutte le materie ma non ha le idee chiare,..... credo che se un genitore puo' dal suo punto di vista allargare l'orizzonte del ragazzo, debba farlo, il metterlo nelle condizioni migliori possibili, lo leggo anche come questo, mettergli a disposizione delle variabili che non calcola. (lasciandogli la scelta e la possibilità di sbagliare o meno)

Anche dal mio punto di vista di fronte ad un ragazzino "incerto" il genitore si deve impegnare a valutare assieme i dati di cui dispone il figlio possibilmente integrandoli con le altre variabili di cui dispone , ma non credo che Ray con il ..."messo i nostri figli nella miglior condizione possibile per poter scegliere e sbagliare con la loro testa" si riferisse ad una semplice più completa informazione , alla messa a disposizione di dati e/o di variabili che possano allargare il loro orizzonti , con pieno sostegno alla scelta che andranno a fare (compresa quella di sbagliare)..... e spero intervenga per chiarirmi questo punto.
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Vecchio 14-11-2007, 23.00.00   #13
Ray
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Ci provo ragà...

Io a 13 anni sapevo esattamente cosa avrei voluto fare... ovvero quello che volevo fare da quando ne avevo 4: l'astronauta.
Sapevo anche esattamente che non avrei potuto. Per una serie di motivi (tra cui il fisico... per esempio avevo gli occhiali) la questione era intentabile. I miei però si sono comportati seriamente su sta cosa e mi hanno fornito tutte le informazioni del caso, sostenedomi nella frustrazione ma tenedomi coi piedi per terra. Avrei potuto occuparmi di "spazio" per hobby, ma l'unico modo di farne una professione era di trasformarla in studio... diciamo la facoltà universitaria di fisica, tanto per cominciare.

Poi mi hanno portato al fatto che, volente o nolente, capace o non capace, avrei dovuto scegliere una scuola superiore. Avevo infatti già scartato l'opzione di non farne.
Non sapevo cosa avrei voluto fare nella vita... l'idea di studiare fisica anche mi andava... ma sapevo un'altra cosa molto bene grazie a loro: avrei potuto cambiare idea.

Andavo bene a scuola ed era abbastanza chiaro che avessi dei talenti (capacità spendibili in un modo o nell'altro a scelta) da giocare. Mi consigliarono un liceo. Mi spiegarono le differenze tra classico e scientifico (al tempo quei due c'erano) ma mi dissero anche delle altre scuole e ragionarono con me su cosa mi piaceva e che porte si aprivano o chiudevano con le varie scuole. Mi parlarono anche delle porte lavorative ma, attenzione, mi dissero una cosa importantissima, che poi ho verificato vera.

Tutte le previsioni possibili di lavoro dopo una certa scuola erano basate sul mondo di allora, mondo che sarebbe potuto cambiare e quindi con esso anche i lavori corrispondenti. Erano quindi previsioni assai aleatorie. Fatto sta che adesso faccio un lavoro che al tempo (quando avevo 13 anni) non esisteva.

Feci il liceo scientifico. Durante gli anni relativi, mi pentii due volte della scelta, cambiai "inclinazioni" (materie che mi andava di fare) tre volte in modo sostanziale e decine in modo meno evidente (per non dire di giorno in giorno a seconda della ragazza che avevo o non avevo o di chi aveva vinto la partita della domenica), altre sei o sette volte ebbi la conferma di aver fatto bene a fare il liceo, proprio quel liceo, 100 volte son stato fiero, mille mi son dovuto adattare. Tutte queste esperienze mi sono servite, soprattutto quelle che sembrano "negative".

Adesso come adesso sono contento di aver fatto la scuola che ho fatto, anche se non ho alcuna controprova. Mi ha dato quel che mi ha dato e io ho preso quel che ho potuto (di cui fa parte il "voluto"). Sarebbe stato meglio un'altra? E' impossibile rispondere. Questo ho fatto, cerco di usarlo al meglio.

Una cosa i miei mi ripetevano spesso. Che a tutti i costi non volevano influenzarmi con le loro scelte passate, che le considerassero errori o meno. Lo dicevano un po' troppo spesso. Ne avevano una paura folle. Ma con questa paura mi influenzarono eccome. Io mi son fatto raccontare a forza le loro esperienze e da entrambe ho capito che delle loro scelte erano sia contenti che no. Tanto mi bastò.

Non so se ho risposto a tutti, direttamente o meno, comunque son qui. Gibbi, "mettere uno nelle migliori condizioni possibili" non è valutabile dalle condizioni che si producono... per assurdo potrebbero anche essere il marasma più totale (se è un'esperienza che quel singolo individuo "deve" fare)... possiamo solo guardare a noi stessi e vedere se noi abbiamo risolto i nostri conflitti e se no, se riusciamo a tenerceli... in modo che i figli si cucchino i loro e solo i loro.
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Vecchio 18-11-2007, 00.25.54   #14
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Io a 13 anni sapevo esattamente cosa avrei voluto fare... ovvero quello che volevo fare da quando ne avevo 4: l'astronauta.
Sapevo anche esattamente che non avrei potuto. Per una serie di motivi (tra cui il fisico... per esempio avevo gli occhiali) la questione era intentabile. I miei però si sono comportati seriamente su sta cosa e mi hanno fornito tutte le informazioni del caso, sostenedomi nella frustrazione ma tenedomi coi piedi per terra. Avrei potuto occuparmi di "spazio" per hobby, ma l'unico modo di farne una professione era di trasformarla in studio... diciamo la facoltà universitaria di fisica, tanto per cominciare.

Poi mi hanno portato al fatto che, volente o nolente, capace o non capace, avrei dovuto scegliere una scuola superiore. Avevo infatti già scartato l'opzione di non farne.
Non sapevo cosa avrei voluto fare nella vita... l'idea di studiare fisica anche mi andava... ma sapevo un'altra cosa molto bene grazie a loro: avrei potuto cambiare idea.

Andavo bene a scuola ed era abbastanza chiaro che avessi dei talenti (capacità spendibili in un modo o nell'altro a scelta) da giocare. Mi consigliarono un liceo. Mi spiegarono le differenze tra classico e scientifico (al tempo quei due c'erano) ma mi dissero anche delle altre scuole e ragionarono con me su cosa mi piaceva e che porte si aprivano o chiudevano con le varie scuole. Mi parlarono anche delle porte lavorative ma, attenzione, mi dissero una cosa importantissima, che poi ho verificato vera.

Tutte le previsioni possibili di lavoro dopo una certa scuola erano basate sul mondo di allora, mondo che sarebbe potuto cambiare e quindi con esso anche i lavori corrispondenti. Erano quindi previsioni assai aleatorie. Fatto sta che adesso faccio un lavoro che al tempo (quando avevo 13 anni) non esisteva.

Feci il liceo scientifico. Durante gli anni relativi, mi pentii due volte della scelta, cambiai "inclinazioni" (materie che mi andava di fare) tre volte in modo sostanziale e decine in modo meno evidente (per non dire di giorno in giorno a seconda della ragazza che avevo o non avevo o di chi aveva vinto la partita della domenica), altre sei o sette volte ebbi la conferma di aver fatto bene a fare il liceo, proprio quel liceo, 100 volte son stato fiero, mille mi son dovuto adattare. Tutte queste esperienze mi sono servite, soprattutto quelle che sembrano "negative".

Adesso come adesso sono contento di aver fatto la scuola che ho fatto, anche se non ho alcuna controprova. Mi ha dato quel che mi ha dato e io ho preso quel che ho potuto (di cui fa parte il "voluto"). Sarebbe stato meglio un'altra? E' impossibile rispondere. Questo ho fatto, cerco di usarlo al meglio.

Una cosa i miei mi ripetevano spesso. Che a tutti i costi non volevano influenzarmi con le loro scelte passate, che le considerassero errori o meno. Lo dicevano un po' troppo spesso. Ne avevano una paura folle. Ma con questa paura mi influenzarono eccome. Io mi son fatto raccontare a forza le loro esperienze e da entrambe ho capito che delle loro scelte erano sia contenti che no. Tanto mi bastò..
L'ho dovuto rileggere un po' di volte

Poi ho dovuto digerire
Gibbi, "mettere uno nelle migliori condizioni possibili" non è valutabile dalle condizioni che si producono... per assurdo potrebbero anche essere il marasma più totale (se è un'esperienza che quel singolo individuo "deve" fare)... possiamo solo guardare a noi stessi e vedere se noi abbiamo risolto i nostri conflitti e se no, se riusciamo a tenerceli... in modo che i figli si cucchino i loro e solo i loro.

Ora penso di aver finalmente compreso il significato di quel "mettere uno delle condizioni possibili" oltre al profondo significato del messaggio che hai trasmesso con il post che ho citato e che mi sono permessa di evidenziare nelle parti che ritengo essenziali....
Ed ecco la ricetta: prendere il/la ragazzo/a di tredici anni , controllare che non abbia le idee chiare sul suo domani scolastico (e non) , scuoterlo un paio di volte per essere sicuri che le poche idee che ha in testa siano più mescolate possibile , farsi raccontare tutto quello che già sa o pensa di sapere (senza perdersi in troppe distinzioni) sulla scuola che dice o pensa che forse vorrebbe fare , invitarlo/a a fissarti negli occhi verificando che tenga contemporamente le orecchie aperte , raccontare a propria volta quello che si ritiene che manchi per completare negli elementi minimi il quadro scuola ....
il tutto dopo essersi assicurati di aver ermeticamente chiuso tutte le proprie idee, opinioni , esperienze (negative e positive) dentro un capace forziere in modo che nulla possa fuoriuscire , sfoderare uno smagliante sorriso a quarantotto denti , posizionare il figlio/a davanti a sè, appoggiare le mani sulle sue spalle e spingerlo dolcemente per favorire il minimo abbrivio ..... e mentre lui/lei si allontana è concesso tenere le dita di
una mano incrociate e quelle dell'altra anche ......
Grazie Ray
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Vecchio 20-11-2007, 01.01.35   #15
Sole
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Riporto anch'io la mia esperienza che è quella dell'imposizione, magari serve a confondere ancora di più le acque.
Avevo tredici anni e le idee su quel che volevo fare da grande le avevo chiare dai sei anni. Sin da piccola disegnavo case, disegnavo abiti, disegnavo persone, insomma disegnavo. Volevo fare il liceo artistico, volevo fare la stilista, volevo inventare case. Volevo fare un sacco di cose però nessuna cozzava con la scuola che potevo scegliere: il liceo artistico.
A scuola la tantissimo stimata dai miei genitori insegnante di matematica disse a mio padre che non avevo grandi possibilità e che era meglio per me un istituto tecnico, ragioneria, e gli indicò anche il nome della scuola in particolare (neanche a dirlo, il migliore di Roma all'epoca).
Quando fu il momento di iscrivermi, io candita e tranquilla dissi: voglio fare il liceo artistico e loro: no, vai a fare ragioneria. Beh non la farò lunga la cosa ma non ebbi grandi possibilità di parlare, di esprimere cosa vedevo e pensavo per me, mi ritrovai iscritta a ragioneria e mi feci bocciare il primo anno sperando in chissà che punizione, invece mio padre si fece una risata dicendo: l'anno prossimo andrà meglio.
Oggi svolgo il mio lavoro, faccio i miei conti, non mi piace ma ho anche imparato molto da questo modo di "ragionare" e non sono mai stata senza lavoro. Non posso dire che sia stato un errore quello di mio padre, non posso dire che sarebbe andata meglio o peggio. Ma posso affermare che il futuro "vero" di un individuo non dipende dall'atteggiamento di ora di un genitore non sarà questo a determinare cosa diventerà un uomo/donna da grande. Magari può sembrare il contrario e forse è nel desiderio del genitore questo, ma alla fine la scelta sarà sempre di uno, il figlio.
Anzi, volendo davvero indagare ho potuto prendere il meglio di questa cosa perchè un liceo artistico con la testa che avevo mi portata via dal mondo.

Pensare per i figli prendendo decisioni per loro in un momento della loro crescita in cui non è vero che si sa cosa si vuole, soprattutto in una società come quella moderna, a volte è necessario. Lo facciamo per quel che devono mangiare e guardare in tv, lo facciamo per quello che devono vestire e leggere, lo facciamo per i video giochi ecc ecc e per la scuola non possiamo imporre un'autorità? Ma attenzione, non dico che se è andata "bene" a me deve andare bene a tutti.. ripeto io non so come sarebbe andata diversamente, come sarei cresciuta, e nemmeno se sarei qui su Ermopoli. So però che al momento dell'università avrei potuto scegliere. Ho scelto di fare questo lavoro. Magari un altro avrebbe scelto la strada che meglio poteva percorrere con la coscienza di chi a 18 sa più dei 13.

__________________
Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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