Non esiste un testo ma piuttosto uno spartito di tutto il concerto.
Keith Jarrett è un autore di Jazz contemporaneo, ad oggi ha già una buona discografia ma questo concerto ha qualcosa di magico.
Ascoltarlo rende molto la sua capacità di trasferirsi nei tasti del pianoforte, parlando attraverso le note.
A volte risulta difficile ascoltare lo stesso album, o brano, perchè incide in maniera forte sull'umore dando qualche volta anche fastidio, altre invece lo stesso identico brano, crea deliziosa calma ed armonia.
Spesso cambia tempo, cambia ritmo, cambia vibrazione risultando dissonante dal contesto generale della musica. Quasi sembra non avere mai la stessa sonorità, eppure l'ha, sembra non avere un filo conduttore, ed in effetti è un concerto del tutto improvvisato, tanto che per lo stesso Jarrett scriverne poi gli spartiti per la pubblicazione fù difficoltoso.
Riuscire a far vivere questo ad ogni ascolto non è lodevole per l'autore ma per chi ascolta è un aspettativa mai delusa, chiaro che deve anche paicere il genere ed ovviamente resta una questione soggettiva, anche se, perchè no, può esistere una musica oggettiva. Infatti questo Artista è legato alla Scuola di Gurdijeff, ha tentato quindi una sonorità che parla alla Psiche e all'Anima per smuoverla.
Nella Scuola di Gudijeff veniva insegnato che le note possono essere usate per smuovere vibrazioni e umori psichici, probabilmente l'esperimento di Jarrett è uno dei più riusciti, ovviamente per se stesso, ma anche l'incidenza che ha sul pubblico è da apprezzare.
Esiste un album completamente dedicato a Gurdijeff, mi arriverà a giorni e proverò a descriverlo, sempre che ne esca viva....
Tutto questo nel concerto di Koln.