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Caos Calmo
 Caos Calmo
 - Nanni Moretti - dal libro " Caos Calmo " -

  Inviato da jezebelius
  01-03-2008
Predefinito Caos Calmo

“Caos Calmo”, tratto dal libro di Sandro Veronesi, non credo segua una linea semplice e, per questo forse, non consente di cogliere in pieno un messaggio che, da un lato, vuole definire una inerzia “ normale” per ciò che l’interprete si trova ad affrontare e che peraltro qualcuno pone come elemento di distinzione, caratterizzante l’uomo e la donna in quanto per questa è più “ semplice “ trovare una propria dimensione, fermarsi. Per altro lato, quasi lontano da ciò che vuole comunicarsi abitualmente si può assumere l’ipotesi che ognuno di noi può essere il protagonista della storia e che il viaggio, se di cammino in tal senso si può parlare, volto a ristabilire un contatto con la parte profonda di se stessi, spesso ovattata nell’illusione di possederla, talvolta, anche grazie ad un fatto per lo più tragico, altro non rivela che il possesso di se come illusorio e che nella consapevolezza di non dominare alcunché qualcosa cambia.
Immobilità insomma, all’interno della quale, il protagonista Pietro Paladini ( Nanni Moretti ) “ cade “ dopo che ritorna nella sua casa al mare in seguito alla trascorsa giornata in spiaggia col fratello ( Alessandro Gassman ), durante la quale salva la vita ad una dei protagonisti del film, interpretata da un’avvenente Isabella Ferrari, trova sua moglie riversa a terra, ormai senza vita. Come un gioco del destino, salva una vita ad una “ estranea” ma perde la moglie, per definizione a lui più vicino.
La figlia che, piange, gli corre incontro. Gia in quell’istante fornisce un accenno sulla “ posizione “ che fotografa il personaggio principale, il quale si rivela, invece, lontano da se, dalla sua famiglia, dalla sua vita, mentre, sempre convinto dell’opposto, si accorge che qualcosa scuote il suo castello fatto di rapporti e certezze costruito sino a quel momento.
Motivo questo ricorrente, se vogliamo, implicitamente affermato dai numerosi incontri nel parco antistante la scuola della figlia, lontano dal trambusto e dalle consuetudini della vita dove all’inizio il protagonista si rifugia benché impegnato a proteggere e ricostruire il rapporto con lei come ultima cosa che gli è rimasta. Con sorpresa però si accorge che quel luogo, giorno dopo giorno diviene familiare; forse li c’è vita. Una vita nuova, diversa, che profuma come un regalo appena scartato, anche se può immancabilmente sembrare, dato l’impatto emozionale, una dimensione nella quale la depressione è li a pochi passi.
Staticità, appunto, generato di un desiderare che sa di novità, per meglio dire un riprendere quella vicinanza con se stesso e con la figlia, con cui istaura un dialogo chiaro e fresco, come pure col mondo nel quale è immerso rendendosi conto che parte di esso non è mai stato. La causa di ciò oltre ai mille impegni risiede in lui stesso nella convinzione/illusione, certo, della esistenza ormai consolidata del suo mondo.
E’ quella piazzetta che diviene microcosmo ove si succede la vita del Paladini, con incontri, scenate e quant’altro.
Quasi richiamando una discesa nell’interiorità del personaggio, da “ semplice” spiazzo, popolato soltanto dagli ingressi e dalle uscite degli scolari e dei genitori di questi, raccolti ad accompagnarli e a riprenderli, il nostro Pietro attende la sua bambina, tutti i giorni, dal mattino sino all’uscita. E’ li che rientra in possesso, al tempo stesso protegge, del rapporto padre-figlia ma fors’anche di un che di più profondo. Quel parco si rivela luogo dinamico nella sua staticità, non solo scandito da ingressi ed uscite ma che, oltre, “ matura “ una interiorità e diviene crocicchio di relazioni e scambi. E’ di fatti al suo interno che da persona da consolare a causa del lutto improvviso, il protagonista si rivela consolatore e spettatore dei problemi altrui che inevitabilmente chi va a trovarlo gli riversa addosso. Le sue giornate sono scandite dal tempo dedicato da un’attesa in movimento. Dalla lettura del giornale sino alle varie visite, tutto è articolato per lui in una visione nuova, come un percorso che si sta formando, della e nella vita da cui rigetta il lavoro scaricandolo come zavorra, dedicandosi a coltivare, con calma, il suo caos. Per lo meno parzialmente conscio di ciò, Riprende se stesso.
Disarmante quella pacatezza per i suoi interlocutori.
Il film distingue la sua evoluzione, attraverso gli incontri con la cognata ( interpretata da Valeria Golino ), col fratello, coi suoi colleghi di lavoro ( tra cui anche Silvio Orlando ) fin'anche un potente capitalista va a trovarlo per un consiglio; o anche per i brevi passaggi di un bambino disabile, accompagnato dalla mamma, col quale gioca tutte le mattine azionando a distanza la chiusura centralizzata dell’auto poiché al suono, il ragazzo, alza la mano e saluta la macchina ( soltanto alla fine saluterà lui, come per suggellare un ritorno al movimento ordinario ). Evoluzione che passa anche per gli intrecci con una ragazza ( Kasia Smutiniak ) che porta a passeggio il cane, la quale osserva quest’uomo seduto sulla panchina. Meglio forse dire che entrambi si osservano a volte quasi studiandosi, lei curiosa e titubante al tempo stesso che ripercorre verso la fine ciò che di lui ha osservato nei vari incontri. E’ questo ripopolare il parco, in realtà, renderlo vivo con la sua presenza, che il protagonista abita di nuovo se stesso recuperando quella contiguità col suo mondo interiore. Come accade sovente anche nella vita reale, a causa di un evento traumatico – la morte della moglie appunto - discende in una profondità che talvolta si rivela fin’anche depressione dove pure il “ dolore “ fa fatica ad uscire. E’ questo che lo spinge a riflettere sul perché non prova nulla per la morte della compagna osservando, attraverso la figlia, se stesso. E’ grazie, però, ad uno choc inverso al primo, l’innocenza della figlia, che esce fuori dal bozzolo in cui si è precipitato. Il tutto, prima, passa però per la sequenza in cui ritorna assieme a lei, sulla causa, sul motivo e nel luogo che lo ha in definitiva costretto a specchiarsi. E’ la casa al mare dove sua moglie è morta, l’origine di quella fase discendente, benché negativa, utile immersione, che gli fa chiudere il cerchio ed ove il suo studio si completa. E’ li, dunque che comincia l’ascesa – in questa sequenza la tanto discussa scena di sesso con la Ferrari -, dove si tira fuori per prendere fiato, a respirare in quel mondo, un nuovo mondo, che sino ad allora lo ha semplicemente ospitato ma che in conclusione, lo traghetta in una nuova consapevolezza.



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