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Vecchio 06-05-2008, 12.40.22   #1
griselda
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Predefinito Prima il dovere e poi il piacere

Ve l’hanno mai detta questa frase? A me si sempre, tant’è che mi sbatto come una pazza per assolvere il dovere, per poi cercare di dedicarmi al piacere, piacere che poi, tanto è il vizio di fare di corsa, per trovare il piacere, che il piacere non lo trovo mai. Tutto diventa un dovere o per lo meno lo vivo come un dovere. E quando tento poi di rilassarmi mi passano per la mente tutti i doveri che magari mi sono dimenticata e/o non ho assolto così la piccola pausa di ristoro non esiste mai perché mi sento in colpa sino a che non mi alzo e li faccio.
Mi sento come una che corre una corsa ad ostacoli a cui spostano il traguardo sempre più avanti e non arriva mai a poter dire: ecco oh ci sono, sono arrivata, posso fermarmi.
Sono sempre spostata in la, mai ferma su quello che devo fare, perché dopo ce altro e altro ancora ed ho paura di non riuscire a finire per potermi dedicare al piacere. Sta cosa è assurda e dovrebbe far ridere a leggerla ma davvero opprimente e non mi permette mai di rilassarmi, altro che tensione sana questa è tensione malsana.
Poi quando e se qualcuno mi fa un’osservazione in tal proposito, del tipo che qualcosa non è stato fatto salto come un pupazzo di carnevale, perché non mi sono riposata, non sono riuscita a fare tutto quello che c’era da fare e non ho neppure trovato il tempo per il piacere e i nervi mi saltano.
Prima il dovere e poi il piacere dovrebbe essere inteso diversamente, dovrebbe avere un funzione intelligente per aiutare a fare e non scappare dai propri doveri, per assolvere tutto ciò che ci spetta di dovere ma per poter vivere dovrei anche imparare a bilanciare, il detto non dice di fare solo il dovere ma di fare uno e l’altro, ma l’altro non sono più capace di trovarlo, perché anche il piacere lo trasformo in dovere. Ma quando mi rilasso? Come mi posso aiutare?
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Vecchio 06-05-2008, 12.46.57   #2
Ray
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In effetti il modo di dire mette in risalto l'opposizione tra piacere e dovere, intendendoli inconciliabili... come se non si potesse provare piacere se c'è il dovere e non si dovesse mettere dovere nel piacere.
Nel secondo concordo... se il piacere diventa un dovere sparisce, ce lo perdiamo. Però questo dipende da come viviamo il dovere. Credo che la differenza stia nel sentirselo imporre dall'esterno invece che autoimporselo dall'interno. Nel secondo caso non dovebbe esserci conflitto e può lasciar spazio al piacere.

Una persona che ha il tuo vissuto forse potrebbe passare all'estremo opposto... quello di vivere con piacere ogni dovere (se ci mette del suo nell'assumerseli) e "recuperare" prima di trovare il giusto mezzo, chissà...
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Vecchio 06-05-2008, 13.41.34   #3
turaz
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a mio sentire devi provare a far partire le cose da te.
da dentro di te e non da fuori di te.
sei troppo dipendente dai luoghi comuni che vengono ogni giorno detti e dai "rimbrotti" continuamente presi magari da persone non così consapevoli di quanto stavano dicendo.
lo ero anch'io anni fa e a un certo punto me ne sono bellamente "fregato".
allora ho provato a cercare di fare qualcosa per puro piacere.
e come dice ray a un certo punto il dovere è "nato" da me (non da fuori di me)
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Vecchio 06-05-2008, 15.22.30   #4
griselda
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In effetti il modo di dire mette in risalto l'opposizione tra piacere e dovere, intendendoli inconciliabili... come se non si potesse provare piacere se c'è il dovere e non si dovesse mettere dovere nel piacere.
Nel secondo concordo... se il piacere diventa un dovere sparisce, ce lo perdiamo. Però questo dipende da come viviamo il dovere. Credo che la differenza stia nel sentirselo imporre dall'esterno invece che autoimporselo dall'interno. Nel secondo caso non dovebbe esserci conflitto e può lasciar spazio al piacere.

Una persona che ha il tuo vissuto forse potrebbe passare all'estremo opposto... quello di vivere con piacere ogni dovere (se ci mette del suo nell'assumerseli) e "recuperare" prima di trovare il giusto mezzo, chissà...
Il punto è che nessuno me lo impone sono io ad impormelo, lo devo fare perchè mi tocca, perchè ho dei doveri e delle responsabilità, quindi faccio.
Ma il mio fare è atto ad espletare il dovere anche quando dovrebbe essere un piacere.
Mi piace lavorare il giardino, ho buttato tutto all'aria qualche giorno fa, rassettato, potato, scavato, ho creato i primi passi di quello che dovrebbe essere un giardino roccioso. Ma mentre mi osservavo non trovavo piacere, eppure mi piace il giardinaggio. Avevo foga di finire, perchè avevo tanto altro anche da fare e lavorare la terra è bello ma ti affatica fisicamente, avevo paura di non arrivare poi a fare altro. E non è il giudizio degli altri devo fare delle cose per il buon andamento della famiglia, ma o faccio una cosa o ne faccio un'altra non ho il dono dell'ubiquità mi dicevo. Ma lavoravo come un 'ossessa per finire e così mi perdevo il piacere che avrei dovuto trovare mentre facevo tutte quelle cose. Era come se rubassi il tempo ad altre faccende, se rubassi il tempo a ciò a cui devo dare la precedenza, quando poi era importante anche quello che stavo facendo.

Hai ragione a dire che con il mio vissuto dovrei trovare piacere in ogni dovere, se era questo che intendevi, perchè faccio fatica a volte capire. Ti dirò di più che ho visto che vivo il paradiso l'ho visto e poi l'ho perso e questo mi fa ancora più male, l'averlo visto e non ricordarne neppure il profumo, quel profumo che trasformerebbe tutto in un paradiso di nuovo. Sono arrabbiata con me per questo motivo, sono arrabbiata perchè non ho saputo tenerlo tra le dita, farne tesoro, sono arrabbiata perchè tutto mi sembra scivolarmi tra le dita e solo perchè non sono capace, non ho imparato ancora a fare diversamente. Perchè non riesco a vedere ciò che di bello esiste e qualcosa dentro di me lo distorce, quello che è palese a tutti tranne che a me.
Perchè pare che non imparo ne con le buone ne con le cattive, ho toccato il fondo e poi sono stata schizzata in altro troppo in alto forse per poter comprendere e sono ricaduta in basso ma ferma li a metà ne in basso ne in alto. Ferma. Non voglio compiangermi ma mettere per iscritto che sono arrabbiata con me in modo che non me lo dimentichi. Magari rileggendo me lo rivedo.
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Vecchio 06-05-2008, 15.31.24   #5
turaz
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ricapitolando piano piano prova a ripensare a cosa successe in te appena prima di "essere sbalzata troppo in alto" e non rimbrottarti per tutto il resto.
anche a me è capitato in passato quanto ti sta accadendo.
ma così facendo in un certo senso non agisci ma continui a girare su te stessa.
Io ho stoppato i giudizi e ho "ripreso" faticosamente (inizialmente) a osservare/mi e ad "aprirmi" al mio Se e agli altri (trasposizione di noi stessi)

due domeniche fa in chiesa durante l'omelia il sacerdote ha letto un passaggio di un brano scritto da una persona comune...
tra le tante cose disse che iniziò a comprendere il vangelo nel momento in cui qualcosa dentro di se si aprì grazie alla sua opera similare a quella di Cristo (ossia senza rendersene conto si era "aperto" agli altri)
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Vecchio 06-05-2008, 16.33.36   #6
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Ve l’hanno mai detta questa frase? A me si sempre, tant’è che mi sbatto come una pazza per assolvere il dovere, per poi cercare di dedicarmi al piacere, piacere che poi, tanto è il vizio di fare di corsa, per trovare il piacere, che il piacere non lo trovo mai. Tutto diventa un dovere o per lo meno lo vivo come un dovere. E quando tento poi di rilassarmi mi passano per la mente tutti i doveri che magari mi sono dimenticata e/o non ho assolto così la piccola pausa di ristoro non esiste mai perché mi sento in colpa sino a che non mi alzo e li faccio.
Mi sento come una che corre una corsa ad ostacoli a cui spostano il traguardo sempre più avanti e non arriva mai a poter dire: ecco oh ci sono, sono arrivata, posso fermarmi.
Sono sempre spostata in la, mai ferma su quello che devo fare, perché dopo ce altro e altro ancora ed ho paura di non riuscire a finire per potermi dedicare al piacere. Sta cosa è assurda e dovrebbe far ridere a leggerla ma davvero opprimente e non mi permette mai di rilassarmi, altro che tensione sana questa è tensione malsana.
Anche a me capita così a volte, di essere sempre proiettata in avanti e di non sapermi godere il momento del piacere.
Ci sono sempre un sacco di cose da fare, tutte importanti, così non si riesce mai a rilassarsi un po' perchè si pensa a quello che c'è da fare dopo...
E pensare che se non le faccio io non le fa nessuno mi fa sentire responsabile e importante, anche se forse qualcosa si potrebbe delegare...
Adesso che sto scrivendo qui, e questo lo classifico un momento di "piacere", sono tornata a casa da poco dal lavoro e mi sto rilassando un po'.... se mi guardo intorno vedo tante cose da fare, ma in questo momento per me è più importante questo, più tardi le farò egualmente, anche se sotto sotto c'è come un senso di colpa per i momenti che dedico a me stessa...(ancora e sempre il senso di colpa... )
Chiaro che questo è solo un piccolo esempio, ci sono mille modi in cui impiegare il nostro tempo, fare il nostro dovere dovrebbe portare soddisfazione ma spesso nemmeno quella, tanto tutto è dovuto e si dà tutto per scontato...
Mi ha molto colpito la tua frase nella quale scrivi che hai visto il paradiso nella tua vita ma che ti è sfuggito dalle mani e che per questo provi una grande rabbia con te stessa, ma a parte il fatto della ricapitolazione che è importante, mi chiedo perchè dobbiamo darci la colpa di tutto quello che ci accade....
Io una volta avevo un grossissimo complesso di colpa perchè avevo buttato alle ortiche la mia vita e non sapevo più raccoglierne i pezzi, e così ho cominciato a lavorare come una pazza concedendomi pochissimi piaceri, quasi non me li meritassi, con l'intento di recuperare il tempo perduto e la convinzione che tutto dipendeva da me, ci sono voluti anni di assestamento ma un po' alla volta ne sto uscendo, uno psicologo mi ha detto che finchè non mi toglievo dalla testa che la colpa era mia e che ne dovevo pagare le conseguenze, non ne venivo fuori....
Questa è la mia esperienza, ma sto anche sperimentando che pensare un po' anche a se stessi fa rendere di più anche nel dovere...

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Prima il dovere e poi il piacere dovrebbe essere inteso diversamente, dovrebbe avere un funzione intelligente per aiutare a fare e non scappare dai propri doveri, per assolvere tutto ciò che ci spetta di dovere ma per poter vivere dovrei anche imparare a bilanciare, il detto non dice di fare solo il dovere ma di fare uno e l’altro, ma l’altro non sono più capace di trovarlo, perché anche il piacere lo trasformo in dovere. Ma quando mi rilasso? Come mi posso aiutare?
Il piacere si trasforma sempre in dovere per il semplice fatto che ci mettiamo davanti un "devo": ora devo divertirmi, ora devo rilassarmi, ora devo devo devo...
Quante volte ho vissuto un giorno di festa come un obbligo a divertirsi perchè così "deve essere"..... Se in un giorno di festa mi va di fare un lavoro e quello mi rilassa, quello è il mio divertimento perchè non è obbligato....
L'importante è "vivere il momento", se mi proietto nel "dopo" me lo perdo...

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Vecchio 06-05-2008, 17.04.57   #7
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due domeniche fa in chiesa durante l'omelia il sacerdote ha letto un passaggio di un brano scritto da una persona comune...
tra le tante cose disse che iniziò a comprendere il vangelo nel momento in cui qualcosa dentro di se si aprì grazie alla sua opera similare a quella di Cristo (ossia senza rendersene conto si era "aperto" agli altri)

Quando ci si "apre" agli altri naturalmente e non per "dovere" allora non diventa più un peso quello che si fa ma è un piacere che ci accompagna in tutte le nostre attività, e come il Maestro raggiungiamo tutti sia quando "facciamo" che quando siamo in raccoglimento, diventa un nostro modo di essere....
Questo l'ho capito ma non sempre riesco a sentirmi così, anche se mi accade spesso...
A volte vince l'egoismo e quando succede diventa tutto più pesante, anche il divertimento....
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Vecchio 06-05-2008, 17.57.30   #8
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hai centrato perfettamente stella.
un abbraccio dal cuore
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Vecchio 06-05-2008, 19.18.17   #9
Astral
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Perchè il dovere verrebbe prima?

Perchè se venisse prima il piacere, dopo sicuramente il dovere stonerebbe molto, poichè ci siamo giocati il meglio, e ora ci aspetta soltanto duro lavoro ( che svolgeremo male).

Invece se abbiamo fatto il nostro dovere bene e lo abbiamo finito, possiamo spensierati dedicarci al piacere, e non pensando più al dovere poi potremmo successivamente riprendere questo ciclo, tornando ai nostri compiti serenamente.

Proprio come da bambini, prima i compiti e poi i giocattoli!

Un'altro spunto mi viene in mente citando la lingua italiana

Dovere-Potere-Volere

Il Dovere lo dice la parola stessa, e il volere non è altro che il piacere.

Immezzo ci vedo il potere, che è la chiave di questi due, poichè se sono capace di svolgere il mio dovere, poi sarò capace anche di godere i frutti.

Un incapacità a godere è anche un incapacità nell'affrontare certe nostre responsabilità: cosi quando siamo a lavoro siamo frustrati e abbiamo bisogno di riposo, ma allo stesso tempo durante il riposo, pensiamo che ingenti responsabilità ci attendono al varco...

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Vecchio 06-05-2008, 20.37.41   #10
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Il punto è che nessuno me lo impone sono io ad impormelo, lo devo fare perchè mi tocca, perchè ho dei doveri e delle responsabilità, quindi faccio.
Va in tragedia se dubito di questa frase? (tragedia nel senso che non ci capiamo)

Si può avere facilmente una controprova comunque... prova a importi di non fare e vedi cosa succede, come ti senti. Ho idea che basta che te lo immagini, non serve che lo fai davvero, anche se sarebbe un esperimento utile a mio avviso.
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Vecchio 06-05-2008, 20.42.20   #11
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e ad "aprirmi" al mio Se e agli altri (trasposizione di noi stessi)
Scusa se mi permetto Turi, ma mi sento di segnalarti un "pericolo" a cui si va facilmente incontro se si assume l'atteggiamento che trapela (ma non è detto che ci sia) da quel che scrivi.

Se mi apro agli altir pensando che sono trasposizioni di me, in realtà mi chiudo... perlomeno in entrata, magari qualcosa anche comunico, ma mi arriva solo da me stesso (la mia idea degli altri).
E' un truccaccio della mente (la cosa del tutti uno devo sentirla, guai se la penso)... ma sono sicuro che te ne sei accorto varie volte... è solo per non dimenticarsi.

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Vecchio 06-05-2008, 20.45.55   #12
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Io una volta avevo un grossissimo complesso di colpa perchè avevo buttato alle ortiche la mia vita e non sapevo più raccoglierne i pezzi, e così ho cominciato a lavorare come una pazza concedendomi pochissimi piaceri, quasi non me li meritassi, con l'intento di recuperare il tempo perduto e la convinzione che tutto dipendeva da me, ci sono voluti anni di assestamento ma un po' alla volta ne sto uscendo, uno psicologo mi ha detto che finchè non mi toglievo dalla testa che la colpa era mia e che ne dovevo pagare le conseguenze, non ne venivo fuori....

Il senso di colpa, come tutte le cose, ha dei lati positivi e dei lati negativi. Quello positivo è che ti fa fare le cose, ti fa muovere, a volte ti fa anche rimediare. Quello negativo è che gonfia l'ego - e relativa IP - in modo smisurato... la mente crede volentieri che siamo così potenti da aver "colpa" di tutto, in particolar modo di ciò che in realtà sfugge completamente al nostro controllo. Lo crede talmente volentieri che in cambio è dispostissima a farci sentire (a noi, non a lei) la sofferenza corrispondente al senso di colpa.
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Vecchio 06-05-2008, 22.12.46   #13
griselda
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Va in tragedia se dubito di questa frase? (tragedia nel senso che non ci capiamo)
ma no... beh con me è meglio specificare, non si sa mia cosa capisco.

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Si può avere facilmente una controprova comunque... prova a importi di non fare e vedi cosa succede, come ti senti. Ho idea che basta che te lo immagini, non serve che lo fai davvero, anche se sarebbe un esperimento utile a mio avviso.
Volevi sottintendere che a volte si fanno le cose più che per dovere per non incorrere nelle conseguenze del non fare? Beh probabilmente se a questo che ti riferisci, si ci sta anche questo, il non voler spiegare, il non dover giustificare... costa meno a volte fare controvoglia. In questo caso non è senso del dovere e non può accostarsi al piacere perchè è frutto della paura è questo che intendevi?
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Vecchio 06-05-2008, 22.15.26   #14
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Anche a me capita così a volte, di essere sempre proiettata in avanti e di non sapermi godere il momento del piacere.
Ci sono sempre un sacco di cose da fare, tutte importanti, così non si riesce mai a rilassarsi un po' perchè si pensa a quello che c'è da fare dopo...
E pensare che se non le faccio io non le fa nessuno mi fa sentire responsabile e importante, anche se forse qualcosa si potrebbe delegare...
Adesso che sto scrivendo qui, e questo lo classifico un momento di "piacere", sono tornata a casa da poco dal lavoro e mi sto rilassando un po'.... se mi guardo intorno vedo tante cose da fare, ma in questo momento per me è più importante questo, più tardi le farò egualmente, anche se sotto sotto c'è come un senso di colpa per i momenti che dedico a me stessa...(ancora e sempre il senso di colpa... )
Chiaro che questo è solo un piccolo esempio, ci sono mille modi in cui impiegare il nostro tempo, fare il nostro dovere dovrebbe portare soddisfazione ma spesso nemmeno quella, tanto tutto è dovuto e si dà tutto per scontato...
Mi ha molto colpito la tua frase nella quale scrivi che hai visto il paradiso nella tua vita ma che ti è sfuggito dalle mani e che per questo provi una grande rabbia con te stessa, ma a parte il fatto della ricapitolazione che è importante, mi chiedo perchè dobbiamo darci la colpa di tutto quello che ci accade....
Io una volta avevo un grossissimo complesso di colpa perchè avevo buttato alle ortiche la mia vita e non sapevo più raccoglierne i pezzi, e così ho cominciato a lavorare come una pazza concedendomi pochissimi piaceri, quasi non me li meritassi, con l'intento di recuperare il tempo perduto e la convinzione che tutto dipendeva da me, ci sono voluti anni di assestamento ma un po' alla volta ne sto uscendo, uno psicologo mi ha detto che finchè non mi toglievo dalla testa che la colpa era mia e che ne dovevo pagare le conseguenze, non ne venivo fuori....
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Il piacere si trasforma sempre in dovere per il semplice fatto che ci mettiamo davanti un "devo": ora devo divertirmi, ora devo rilassarmi, ora devo devo devo...
Quante volte ho vissuto un giorno di festa come un obbligo a divertirsi perchè così "deve essere"..... Se in un giorno di festa mi va di fare un lavoro e quello mi rilassa, quello è il mio divertimento perchè non è obbligato....
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Vecchio 06-05-2008, 22.36.47   #15
RedWitch
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Volevi sottintendere che a volte si fanno le cose più che per dovere per non incorrere nelle conseguenze del non fare? Beh probabilmente se a questo che ti riferisci, si ci sta anche questo, il non voler spiegare, il non dover giustificare... costa meno a volte fare controvoglia. In questo caso non è senso del dovere e non può accostarsi al piacere perchè è frutto della paura è questo che intendevi?
Per esperienza personale Gris mi permetto di dire che sembra che costi meno fare le cose controvoglia piuttosto che affrontare eventuali conseguenze (che per me si traduce con "non mi rompete le scatole", non voglio che mi si dica che non ho fatto qualcosa, nessuno deve potermi attaccare..etc) .. in realtà quel che sembra costare di meno si paga tutto e con gli interessi (repressione , mal contento, corse all'impazzata per accontentare l'altro etcetc) ..
Il non voler spiegare, il non dover giustificare l'ho visto tante volte in me, ed è un modo per evitare seccature da una parte, dall'altra la tensione di quel che potrebbe venire da un eventuale scontro con chi mi "riprenderebbe" se non facessi (o almeno questo è quello che mi vuole far credere la mente )..

Il meccanismo che ho visto spesso in me è questo:

Se io faccio tuttissimo, tu non puoi riprendermi, e io sono "perfetta"... immagine che io vorrei che tu avessi di me.
E così invece che pensare a me, e a dedicarmi un po' di tempo, lo passo cercando di accontentare te (= tutti tranne me stessa)...

Circa..


Ultima modifica di RedWitch : 06-05-2008 alle ore 22.38.51.
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Vecchio 07-05-2008, 00.32.47   #16
Kael
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Se io faccio tuttissimo, tu non puoi riprendermi, e io sono "perfetta"... immagine che io vorrei che tu avessi di me.
E così invece che pensare a me, e a dedicarmi un po' di tempo, lo passo cercando di accontentare te (= tutti tranne me stessa)...
Quoto Red... qualsiasi cosa (anche un piacere) diventa un "dovere" se alla base c'è il bisogno di soddisfare i "bisogni" altrui.
Perchè (parlo con Gris in questo momento) se non riesci a finire per tempo il giardino, tu ne soffri solo perchè pensi di aver deluso gli altri... Se fossi certa al 100% di non deludere nessuno, il dedicarti al giardino (che ti piace) non sarebbe forse un piacere?

Dici che te l'hanno ripetuto fino allo sfinimento, tanto che ora è diventato un tuo complesso (traducibile con "idea fissa") E' un buon punto secondo me, perchè a differenza di altri che non sanno da dove "parte" il filo, tu sai che proviene dal passato...E' in quella direzione che potresti muoverti per sbrogliare la "matassa"...

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Vecchio 07-05-2008, 09.30.07   #17
griselda
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Quoto Red... qualsiasi cosa (anche un piacere) diventa un "dovere" se alla base c'è il bisogno di soddisfare i "bisogni" altrui.
Perchè (parlo con Gris in questo momento) se non riesci a finire per tempo il giardino, tu ne soffri solo perchè pensi di aver deluso gli altri... Se fossi certa al 100% di non deludere nessuno, il dedicarti al giardino (che ti piace) non sarebbe forse un piacere?
Si lo sarebbe, come lo sarebbero altre cose, ma ho quella maledetta paura di essere abbandonata.

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Dici che te l'hanno ripetuto fino allo sfinimento, tanto che ora è diventato un tuo complesso (traducibile con "idea fissa") E' un buon punto secondo me, perchè a differenza di altri che non sanno da dove "parte" il filo, tu sai che proviene dal passato...E' in quella direzione che potresti muoverti per sbrogliare la "matassa"...

Ho come la sensazione che quella paura sia la stessa che non mi permette di vedere.
Quando sono stata tanto male tempo fa, ero depressa, guardavo un programma alla tv, non so se lo avete visto, parlava dei senza tetto, quelle persone che hanno abbandonato tutto e si sono riversati per le strade, io avevo paura di finire così.
Non so da dove mi viene questa paura non lo so.
Non so se è riferito a quando da bambina i miei genitori, avevo 9 anni si sono ammalati ed io sono stata mandata da una zia per qualche mese, perchè mia nonna non riusciva a gestirmi, mentre mio fratello rimase li con lei. In quel periodo mi sentivo tanto sola in casa di estranei, si estranei perchè forse li avevo visti una volta quegli zii. Ricordo che il pomeriggio quando mi obbligavano a dormire io piangevo tutto il tempo. E quando mi sgridavano non avevo nessuno da cui farmi consolare, allora mi rifugiavo in un cortiletto e me ne stavo li ad ammazzare le mosche, cercavo di stare il meno possibile con loro, stavo sempre da sola. Loro tanto erano impegnati a lavorare e non si accorgevano di me, anzi erano contenti perchè non davo loro problemi. Ma non mi ricordo cosa pensavo e non ricordo neppure quando sono tornata a casa è pazzesco dovrei ricordarmelo ma niente buio assoluto.
Nella mia infanzia sono successe talmente tante cose sino ai 17 anni che è un casino guardarci dentro, me le ricordo alcune cose ma da sola non riesco a vedere bene, o anche quando vedo non collego non riesco a metterle insieme.
Una cosa è certa non ho mai fatto niente da sola, non ho mai fatto il salto verso l'indipendenza anche fittizia.
Bon grazie a tutti di cuore.
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Vecchio 07-05-2008, 09.43.35   #18
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Scusa se mi permetto Turi, ma mi sento di segnalarti un "pericolo" a cui si va facilmente incontro se si assume l'atteggiamento che trapela (ma non è detto che ci sia) da quel che scrivi.

Se mi apro agli altir pensando che sono trasposizioni di me, in realtà mi chiudo... perlomeno in entrata, magari qualcosa anche comunico, ma mi arriva solo da me stesso (la mia idea degli altri).
E' un truccaccio della mente (la cosa del tutti uno devo sentirla, guai se la penso)... ma sono sicuro che te ne sei accorto varie volte... è solo per non dimenticarsi.


eh si quella cosa è da "sentire" con tutto te stesso.
Ricordo anni fa (circa 5) un giorno seduto mi sovvenne un bagliore, mi ritrovai a piangere dal cuore (non so spiegarlo meglio).
con il senno di poi mi verrebbe da dire "pianto liberatorio".
mi venne l'impulso di prendere in mano il telefono e scrivere messaggi di ringraziamento per le persone che in un modo o nell'altro (per mia inconsapevolezza) mi avevano insegnato qualcosa ma allora non avevo compreso.

non so se il termine corretto è "sentire compassionevolmente"
è come se il cuore si aprisse e ti facesse percepire l'unità con gli altri.
la "mente" (che mente) in tutto ciò non c'è
turaz non è connesso  
 


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