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L'antica città della conoscenza
  
    
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Vecchio 20-12-2009, 08.51.23   #1
nikelise
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Predefinito L'EPISTEMOLOGIA ovvero la scienza di come si fa a sapere

Con questo parolone si intende la scienza che insegna come si fa ad imparare qualcosa e quando si puo' dire di sapere qualcosa .
E' la scienza che crea un metodo per sapere .

Il problema del sapere si pone sopratutto in relazione al fatto che siccome non si smette mai di imparare non si potrebbe neppure dire in alcun momento di avere imparato qualcosa .
Tuttavia e' anche vero che e' necessario costruire dei punti fermi , delle conoscenze grazie alle quali procedere nella strada della conoscenza.
Uno dei metodi per imparare , forse il piu' efficace e' il socratico ''so di non sapere '' .
Ma Socrate da una parte dice di non sapere ma dall'altro alla fine smontando le tesi dei suoi interlocutori per mezzo della dialettica arrivava alla definizione del bello del giusto del buono dell'amore ecc.
C'e' pertanto una contraddizione tra il dire ''so di non sapere '' e poi il punto d'arrivo di ogni dialogo socratico .
Ricordate il Convivio dove si parla dell'Amore? Bene , Socrate smonta tutte le definizioni di amore degli interlocutori poi pero' arriva ad una sua definizione , pur se attraverso quello che dice Diotima .
Proprio in questa conclusione , diciamo positiva , sta la differenza tra i sofisti e Socrate .
I primi relativizzano tutto e non portano a nulla , Socrate invece estrae da se' e dall'interlocutore una VERITA' con quel metodo che viene chiamato la ''maieutica'' da maia , l'ostetrica , quella che fa partorire , che estrae qualcosa da qualcuno .
In questo modo pero' contraddice il ''so di non sapere ''.

Venendo a noi , lo stesso accade quando dobbiamo e vogliamo imparare : qual'e' il metodo per imparare qualcosa ?
E una volta imparata una cosa possiamo dire di sapere quella cosa ? Per forza si , altrimenti che senso avrebbe sforzarsi di studiare .
Anche noi dobbiamo avere un metodo per procedere ad imparare perche' andare a tentoni ci porta spesso a rallentare fermandoci a cio' che riteniamo ormai certo mentre a sua volta questo va messo in discussione pena l'arresto del processo di conoscenza .

Quando vi sembra di avere imparato qualcosa cosa accade nella vostra mente?

Ultima modifica di nikelise : 20-12-2009 alle ore 08.53.59.
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Vecchio 20-12-2009, 12.01.02   #2
filoumenanike
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Socrate diceva inoltre "conosci te stesso" e con questo processo di intima elaborazione arrivava a dei punti fermi, se non a delle certezze assolute.

Il conosci te stesso sta a significare che se si fa un'indagine approfondita dentro di noi, se cerchiamo veramente la verità, possiamo arrivare molto vicino al vero.

Certo non tutti siamo a livello di Socrate, tuttavia lo sforzo di capirci, di comprendere i moti interiori, spesso ci aiutano a sapere come siamo fatti, ad imparare cosa è bene e cosa è male, al di là delle leggi codificate dal genere umano fatte proprio per non sbranarci l'uno con l'altro.

Qual è il metodo per imparare qualcosa? secondo me, per quel che ho potuto vedere, alla base dell'apprendimento ci deve essere prima di tutto un forte desiderio di conoscere, di sapere, poi affidarsi ad una guida che abbia fatto un percorso simile e sia approdato ad una buona conoscenza, essere dunque umile ma nello stesso tempo fare nostre le idee e ragionare con la nostra mente, sempre in quella ricerca interiore di cui parla Socrate, e alla fine far conicidere ciò che si apprende dall'esterno con ciò che è il nostro intendimento.

Di pIù non so!

Ultima modifica di filoumenanike : 20-12-2009 alle ore 12.03.09.
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Vecchio 20-12-2009, 12.43.43   #3
nikelise
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Socrate diceva inoltre "conosci te stesso" e con questo processo di intima elaborazione arrivava a dei punti fermi, se non a delle certezze assolute.

Il conosci te stesso sta a significare che se si fa un'indagine approfondita dentro di noi, se cerchiamo veramente la verità, possiamo arrivare molto vicino al vero.

Certo non tutti siamo a livello di Socrate, tuttavia lo sforzo di capirci, di comprendere i moti interiori, spesso ci aiutano a sapere come siamo fatti, ad imparare cosa è bene e cosa è male, al di là delle leggi codificate dal genere umano fatte proprio per non sbranarci l'uno con l'altro.

Qual è il metodo per imparare qualcosa? secondo me, per quel che ho potuto vedere, alla base dell'apprendimento ci deve essere prima di tutto un forte desiderio di conoscere, di sapere, poi affidarsi ad una guida che abbia fatto un percorso simile e sia approdato ad una buona conoscenza, essere dunque umile ma nello stesso tempo fare nostre le idee e ragionare con la nostra mente, sempre in quella ricerca interiore di cui parla Socrate, e alla fine far conicidere ciò che si apprende dall'esterno con ciò che è il nostro intendimento.

Di pIù non so!
Appunto non tutti siamo Socrate ed anche Lui che e' il primo uomo teoretico della storia , non ha scoperto tutto .
Lui usava la dialettica ma ci sono metodi e metodi quello empirico quello teorico .
Quando e' possibile una vera conoscenza ? L'informazione e' conoscenza ?
Che rapporto c'e' tra teoria e prassi tra metodo deduttivo e induttivo ?
E come i punti fermi che si acquistano vanno a loro volta superati ?
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Vecchio 20-12-2009, 15.28.27   #4
Ray
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E una volta imparata una cosa possiamo dire di sapere quella cosa ?
Prima di provare a rispondere alle domande che fai nel post successivo, vorrei dire che il problema è ancora più ampio di così.

Quando possiamo dire di avere imparato "una cosa"? Eh, ma quale cosa? Se siamo in grado di definirla, ossia di delimitare il reale che ci si presenta, di dividerlo in "quella cosa" e "non quella cosa" stiamo già in una certa misura conoscendo. Oppure no? E ancora: per definire l'ambito delle mie ricerche, quanto devo già conoscere prima di quell'ambito? Posso partire dal nulla?

Il problema è uno di queli fondamentali... è necessario procedere con prudenza, per evitare il rischio di costruire castelli di carta che poi crollano al primo movimento del pensiero.

Possiamo separare la conoscenza dall'oggetto della conoscenza? (e il soggetto)?
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Vecchio 20-12-2009, 17.51.30   #5
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Quando possiamo dire di avere imparato "una cosa"? Eh, ma quale cosa? Se siamo in grado di definirla, ossia di delimitare il reale che ci si presenta, di dividerlo in "quella cosa" e "non quella cosa" stiamo già in una certa misura conoscendo. Oppure no? E ancora: per definire l'ambito delle mie ricerche, quanto devo già conoscere prima di quell'ambito? Posso partire dal nulla?

Possiamo separare la conoscenza dall'oggetto della conoscenza? (e il soggetto)?

Possiamo definire un oggetto od un fenomeno ma sicuramente solo in parte ecco perche' bisogna avere un metodo che ci consenta di ripartire in ogni momento , non da zero , ma di ripartire sulla strada del conoscere .

Conoscenza e' conoscere cause e fini di un fenomeno di un oggetto quindi a mio parere non possiamo separare la conoscenza dall'oggetto della conoscenza a meno di far diventare la stessa conoscenza un oggetto da conoscere come fa questa scienza : l'epistemologia.
Se e' cosi' , ammesso che lo sia , la conoscenza non puo' che partire dall'oggetto che deve conoscere e se questo oggetto e' la stessa conoscenza non si puo' che partire dalle sue cause e dai suoi fini .
Ma cause e fini non sono altro che esperienza , empirismo .
Non ci puo' allora essere alcuna teoria neppure sulla conoscenza se non si affronta l'esperienza del conoscere cioe' alla alla fine le sue cause e i suoi fini.
E la teoria allora a che serve ?
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Vecchio 20-12-2009, 23.27.45   #6
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La conoscenza come aspetto scientifico di un dato fenomeno si basa su regole precise, si parte dall'oggetto analizzato e si stabilisce se corrisponde a vari criteri, uno dei quali e di cui mi ricordo è quello della causa-effetto, ad esempio.
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Vecchio 21-12-2009, 01.45.43   #7
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Conoscenza e' conoscere cause e fini di un fenomeno di un oggetto quindi a mio parere non possiamo separare la conoscenza dall'oggetto della conoscenza a meno di far diventare la stessa conoscenza un oggetto da conoscere
Ecco appunto. E adesso non la possiamo separare neanche dal soggetto. Dobbiamo ripartire da qui.

Che poi è concludere che la conoscenza corrisponde alla conoscenza di se, ma ci siamo arrivati troppo presto ... dobbiamo forse espandere.
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Vecchio 21-12-2009, 10.15.14   #8
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Ecco appunto. E adesso non la possiamo separare neanche dal soggetto. Dobbiamo ripartire da qui.

Che poi è concludere che la conoscenza corrisponde alla conoscenza di se, ma ci siamo arrivati troppo presto ... dobbiamo forse espandere.
Certo la conoscenza di se' e' importante anzi il se' e' l' oggetto piu' importante da conoscere , anche se qualcuno potrebbe non essere d'accordo .
Ma non direi che la conoscenza e' la conoscenza di se' .
Attraverso il se' puoi forse conoscere tutto il resto ma anche attraverso tutto il resto puoi conoscere il se' .

Il problerma vero e' come si conosce qualcosa quale che sia l'oggetto .
Neppure Socrate era libero di indagare anzi per questo l'hanno fatto fuori .
I miti cioe' la teoria del tempo pur importantissimi lo frenarono . Non parliamo di Gallileo il padre dell'empirismo , che fatica dovette fare .
Ma anche noi oggi siamo super incrostati di teorie e credenze e luoghi comuni.
Tuttavia la teoria , il principio astratto ,non possono essere gettati anzi hanno un ruolo importantissimo di condizione necessaria ma non sufficente e cosi' ma forse molto di piu' di piu' la prassi , l'esperienza .
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Vecchio 21-12-2009, 11.19.15   #9
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Tuttavia la teoria , il principio astratto ,non possono essere gettati anzi hanno un ruolo importantissimo di condizione necessaria ma non sufficente e cosi' ma forse molto di piu' di piu' la prassi , l'esperienza .
Se io vedo un gatto nero e non ho mai visto altri gatti potrei teorizzare che tutti i gatti siano neri, fino a che non vedo un gatto bianco, allora devo rivedere la mia teoria.
Ma supponiamo che non abbia mai visto un gatto e che venga a conoscenza di cosa sia un gatto solo leggendo un libro attraverso le foto e la descrizione dell'animale: saprò allora l'ordine, la spiece e quante specie diverse ci sono che si diferenziano tra di loro, le varie razze conosciute ecc.cc., conoscenza che solo osservando un gatto non avrei mai potuto avere eppure teorica fino a che non faccio l'esperienza diretta del gatto.
Quindi non c'è un sistema di conoscere tutto, posso conoscere il mio gatto e teorizzare che così sono gli altri gatti, oppure sapere tutto sui gatti senza mai averne toccato uno.
Semplificando al massimo mi pare dunque che la conoscenza passi attraverso l'osservazione e l'esperienza diretta ma questo per forza si limita alla sola cosa che osservo, quindi non è intera conoscenza, nessuno ha la conoscenza intera, ma al massimo la somma delle conoscenze e delle osservazioni fatte da tutti fino a che qualcuno non scopre qualcosa di diverso sul gatto che nessuno aveva mai scoperto.
Invece la conoscenza di sè è l'osservazione di sè stessi ma anche per questa penso che solo la mia osservazione non sia sufficiente a definire me, può darsi che chi mi vede dall'esterno mi fornisca un'altra descrizione che io da me non vedo...
Una volta affermato di conoscere me stesso per analogia posso dire di conoscere anche gli altri in teoria......

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Vecchio 21-12-2009, 12.00.07   #10
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Se io vedo un gatto nero e non ho mai visto altri gatti potrei teorizzare che tutti i gatti siano neri, fino a che non vedo un gatto bianco, allora devo rivedere la mia teoria.
Ma supponiamo che non abbia mai visto un gatto e che venga a conoscenza di cosa sia un gatto solo leggendo un libro attraverso le foto e la descrizione dell'animale: saprò allora l'ordine, la spiece e quante specie diverse ci sono che si diferenziano tra di loro, le varie razze conosciute ecc.cc., conoscenza che solo osservando un gatto non avrei mai potuto avere eppure teorica fino a che non faccio l'esperienza diretta del gatto.
Quindi non c'è un sistema di conoscere tutto, posso conoscere il mio gatto e teorizzare che così sono gli altri gatti, oppure sapere tutto sui gatti senza mai averne toccato uno.
Semplificando al massimo mi pare dunque che la conoscenza passi attraverso l'osservazione e l'esperienza diretta ma questo per forza si limita alla sola cosa che osservo, quindi non è intera conoscenza, nessuno ha la conoscenza intera, ma al massimo la somma delle conoscenze e delle osservazioni fatte da tutti fino a che qualcuno non scopre qualcosa di diverso sul gatto che nessuno aveva mai scoperto.
Invece la conoscenza di sè è l'osservazione di sè stessi ma anche per questa penso che solo la mia osservazione non sia sufficiente a definire me, può darsi che chi mi vede dall'esterno mi fornisca un'altra descrizione che io da me non vedo...
Una volta affermato di conoscere me stesso per analogia posso dire di conoscere anche gli altri in teoria......

Vero quello che dici ma c'e' differerenza tra teoria e prassi .
Se vedi un gatto saprai gia' molto ma se non vedi un gatto e leggi del gatto saprai molto poco come poco sai della tigre siberiana anche se avrai letto 10 libri che la riguardano .
La teoria quindi serve a organizzare i dati per metterli in relazione ma i dati devi averli vissuti altrimenti non ti servono a nulla .
Te ne accorgi se dal gatto passi ai fenomeni piu' complessi che riguardano l'uomo .
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Vecchio 21-12-2009, 12.23.31   #11
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Ma non abbiamo risolto (neanche affrontato) il problema della suddivisione arbitraria della realtà in oggetti da conoscere, dato che la stessa realtà è oggetto della conoscenza. Esiste qualcosa di intrinseco nella realtà che fa si che io separi gli oggetti in un dato modo piuttosto che in un altro (e quindi anche tu e lui e via così) oppure esiste qualcosa di intrinseco in me che stabilisce questa modalità di suddivisione, oppure ancora è del tutto arbitraria?

Per capirci: se io e te vediamo per la prima volta nella nostra vita un gatto mentre mangia dalla ciotola, quale sarà l'oggetto della nostra indagine? Il gatto, la ciotola, il sistema gatto-ciotola visto come un tutt'uno per poi sorprenderci quando domani vedremo un gatto senza ciotola o che?

Poi c'è il discorso che facevi sull'esperienza diretta. Se io leggo un tuo libro sui gatti, o se ti ascolto parlare dei gatti, il mio oggetto della conoscenza non è ancora il gatto ma la tua conoscenza dello stesso. Non è detto infatti che io, al posto tuo, avrei impostato le cose allo stesso modo a partire dalla definizione di gatto. Oppure si e di nuovo c'è qualcosa di intrinseco nel gatto che ci permette di conoscerlo?
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Vecchio 21-12-2009, 14.47.39   #12
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Ma non abbiamo risolto (neanche affrontato) il problema della suddivisione arbitraria della realtà in oggetti da conoscere, dato che la stessa realtà è oggetto della conoscenza. Esiste qualcosa di intrinseco nella realtà che fa si che io separi gli oggetti in un dato modo piuttosto che in un altro (e quindi anche tu e lui e via così) oppure esiste qualcosa di intrinseco in me che stabilisce questa modalità di suddivisione, oppure ancora è del tutto arbitraria?

Per capirci: se io e te vediamo per la prima volta nella nostra vita un gatto mentre mangia dalla ciotola, quale sarà l'oggetto della nostra indagine? Il gatto, la ciotola, il sistema gatto-ciotola visto come un tutt'uno per poi sorprenderci quando domani vedremo un gatto senza ciotola o che?

Poi c'è il discorso che facevi sull'esperienza diretta. Se io leggo un tuo libro sui gatti, o se ti ascolto parlare dei gatti, il mio oggetto della conoscenza non è ancora il gatto ma la tua conoscenza dello stesso. Non è detto infatti che io, al posto tuo, avrei impostato le cose allo stesso modo a partire dalla definizione di gatto. Oppure si e di nuovo c'è qualcosa di intrinseco nel gatto che ci permette di conoscerlo?
Il primo effetto dell'empirismo dovrebbe essere proprio questo di selezionare gli oggetti di conoscenza .
Poi dovrebbe subentrare una convenzione tra gli uomini nell'attribuire a ciascun oggetto una sua autonomia :gatto ciotola ed il sistema gatto_ ciotola gia' un po' piu' complesso perche' si deve far riferimento alle cause ed ai fini degli oggetti per comprendere il sistema .
Se si passa a questioni piu' complesse ancora ecco la mancanza di una convenzione sul significato dei fenomeni , ciascuno allora interperetera' la realta' empirica a suo modo e nasceranno cosi' le varie teorie ciascun fenomeno .
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Vecchio 21-12-2009, 16.23.55   #13
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Esiste qualcosa di intrinseco nella realtà che fa si che io separi gli oggetti in un dato modo piuttosto che in un altro (e quindi anche tu e lui e via così) oppure esiste qualcosa di intrinseco in me che stabilisce questa modalità di suddivisione, oppure ancora è del tutto arbitraria?
Io penso che questo qualcosa di intrinseco nella realtà che mi fa separare gli oggetti sia nella natura stessa degli oggetti che esamino. Un gatto è un gatto sia vicino a una ciotola che arrampicato sopra un albero... perciò il gatto deve avere in sè una caratteristica intrinseca comune a tutti i gatti e assente negli altri oggetti, che è proprio della sua natura....
stella non è connesso  
Vecchio 21-12-2009, 17.49.33   #14
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Un gatto è un gatto sia vicino a una ciotola che arrampicato sopra un albero... perciò il gatto deve avere in sè una caratteristica intrinseca comune a tutti i gatti e assente negli altri oggetti, che è proprio della sua natura....
E che però deve anche avere qualcosa a che fare con la mia di natura...

Però Stella, dici che un gatto è un gatto qualunque cosa faccia. Ok, ma come sei arrivata alla nozione di gatto? E perchè invece di ragionare in gatti non ragioniamo in zampe e quindi notiamo che quelle quattro si comportano come se si conoscessero, come se fossero mosse da una stessa volontà? Perchè partiamo dal gatto?

Ovvero: quale sarebbe questa caratteristica intrinseca?
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Vecchio 23-01-2010, 09.29.46   #15
nikelise
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Per contnuare , una buona ed utile sintesi che ho trovato :
la coscienza come stato dell'io :
lo sviluppo della coscenza consente una corretta conoscenza della realta' .
Quali sono le facolta' della mente necessarie a conoscere la realta' ?
Pare siano 4 :
la sensazione : ci fa dire che una cosa e' , facolta' determinata dai sensi ;
il pensiero : ci fa dire cosa e' ,f. determinata dalla ragione ;
il sentimento : ci fa dire che valore ha ,f. determinata dall'anima dalla qualita' dell'essere ;
l'intuizione : ci fa dire qual'e' il passato ed il futuro di una cosa ;
f. determinata ? ....ci devo pensare un po' .
Mi fermo
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Vecchio 23-01-2010, 19.47.12   #16
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Chiedo scusa, potreste spiegarmi la differenza tra epistemologia e gnoseologia?
Perchè ho provato a cercare nel dizionario ma non mi è chiarissimo.

Da quel pò che ho capito l'epistemologia dovrebbe derivare dalla gnoseologia in quanto viene definita come "una branca che si occupa della conoscenza scientifica".

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Vecchio 23-01-2010, 21.05.56   #17
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Chiedo scusa, potreste spiegarmi la differenza tra epistemologia e gnoseologia?
Perchè ho provato a cercare nel dizionario ma non mi è chiarissimo.

Da quel pò che ho capito l'epistemologia dovrebbe derivare dalla gnoseologia in quanto viene definita come "una branca che si occupa della conoscenza scientifica".

Penso che in lingua italiana gnoseologia ed epistemologia siano due sinonimi per indicare la teria della conoscenza , ma ti riporto quello che avevo trovato tempo fa all'apertura di questo 3D ....cercando epistemologia nel dizionario di filosofia , ho trovato che è un termine di origine greca con due significati.
Nella prima accezione (uso del termine inglese Epistemology) è sinonimo di gnoseologia ovvero di teoria della conoscenza.
Nel secondo significato (uso termine italiano Epistemologia), è sinonimo di filosofia della scienza .
I due significati sono strettamente connessi poichè il problema della conoscenza , nella filosofia moderna e contemporanea si intreccia , e talora si riduce , a quello della scienza.

Ultima modifica di gibbi : 23-01-2010 alle ore 21.21.06. Motivo: correzioni
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Vecchio 24-01-2010, 19.03.18   #18
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