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Vecchio 04-11-2011, 12.57.12   #1
Astral
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Riprendo la discussione fatta sul giardino filosofico, topic mal di vivere. Ad un certo punto io e Ray parlavamo del fatto che il mal di vivere possa essere dato in alcuni casi, dal fatto che riteniamo i problemi insolubili, insormontabili o siamo legati ad un destino ineluttabile.

Direi di riprendere il discorso qui, per approfondirlo.
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Vecchio 04-11-2011, 14.52.39   #2
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Riprendo la discussione fatta sul giardino filosofico, topic mal di vivere. Ad un certo punto io e Ray parlavamo del fatto che il mal di vivere possa essere dato in alcuni casi, dal fatto che riteniamo i problemi insolubili, insormontabili o siamo legati ad un destino ineluttabile.

Direi di riprendere il discorso qui, per approfondirlo.
L'unico destino ineluttabile ora come ora mi viene da pensare a quello legato alla morte del corpo fisico.
Beh lì è dura smettere di spingere il muro...
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Vecchio 04-11-2011, 16.02.06   #3
Faltea
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Recentemente ho visto il film Melancholia di Lars Von T., parla proprio del mal di vivere.
Lui lo affronta come un senso di inevitabile disfacimento, ora per non svelare il finale non posso andare oltre ma giustifica il mal di vivere della protagonista con la fine del mondo imminente...
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Non ho bisogno di chi la pensa come me, ma di crescere aprendo la mente a diversi modi di vedere e di pensare.
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Vecchio 04-11-2011, 16.12.05   #4
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Per come la vedo io il problema consiste di due fattori, 'evento che si verifica o non ne vuole sapere di verificarsi e la nostra reazione, il nostro vissuto rispetto ad esso.
Quest'ultimo si può certamente affrontare di petto, cambiarlo, migliorarlo ecc anche se non so se questo voglia dire aver risolto davvero un problema, forse una sua parte, ma in tal modo perdiamo comunque ciò che la risoluzione reale di un problema, laddove possibile, ci avrebbe potuto dare, rimarrà per sempre nascosta, tipo il lato nascosto della luna.
Avere il giusto atteggiamento può intanto aiutare a definire meglio il problema, ad inquadrarlo nella giusta prospettiva,, depurandolo se possibile di altro che ci abbiamo appiccicato noi e che non riguarda direttamente il problema specifico in quanto tale.
P.S. A volte mi vene da pensare "non esistono soluzioni, esistono solo nuovi problemi"
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Ultima modifica di luke : 04-11-2011 alle ore 17.11.06.
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Vecchio 04-11-2011, 16.29.53   #5
griselda
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Beh ma la frase in se è filosofica:
"Non esistono problemi ma solo soluzioni"
Un problema come quello matematico si chiama in questo modo perchè ha in se la possibilità di essere risolto.

Se non ha soluzione o è un problema senza soluzione e quindi è contrario al problema e per questo non ha soluzione ma non è un problema.
Mi pare anche più vicino alla logica che alla filosofia.
(una parte di me sta dicendo ma quelli che hanno stabilito queste cose non si stavano facendo delle pippe mentali? no? sicurissimi? ) Scusate la digressione
Esistono soluzioni è bella questa cosa allora cerchiamo il metodo migliore per trovarle
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Vecchio 05-11-2011, 21.09.27   #6
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OT

Volevo riprendere quello stacco di discussione fatta con Ray, devo utilizzare il multicite?
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Vecchio 06-11-2011, 00.33.32   #7
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OT

Volevo riprendere quello stacco di discussione fatta con Ray, devo utilizzare il multicite?
Io di solito faccio un tasto "multi" di quello che mi interessa e poi "rispondi" copio per intero quello che appare nella finestra e lo incollo poi nella discussione altra che mi interessa correlare. Poi ci faccio gli aggiustamenti e le limature che ritengo.
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Se non sarò me stesso chi lo sarà per me? E se non ora, quando?
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Vecchio 06-11-2011, 09.34.21   #8
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Grazie Sole, riporto quel pezzo di discussione:


Citazione:
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credo che questo sia uno dei punti più importanti dell'argomento e forse occorrerebbe dedicarci maggiore attenzione.
Provo, magari un po' provocatoriamente ma dicendo quello che penso, a ribaltare la questione.
Un problema impossibile da risolvere non esiste e se esiste non è un problema...
Citazione:
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Un non-problema, un'illusione di problema. Ma così non so se ci capiamo... riusciresti a farmi un esempio di problema non risolvibile?
Citazione:
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Vediamo, un male incurabile, o per esempio essere paralizzati su una sedia a rotelle e voler camminare o correre.
Poi vediamo... una casa difficile da vendere per esempio o il non poter aver bambini!
Citazione:
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Non mi è chiaro perchè questi dovrebbero essere problemi insolubili, ma se capisco ciò che intendi dire (invece di ciò che dici ) forse la questione sta nel definire il problema.

Prendiamo l'esempio (tra quelli che hai fatto forse il più chiaro) dell'essere su una sedia a rotelle e voler camminare e correre.
In questo caso, dove sta il problema per te? Nell'essere sulla sedia o nel voler correre (posto che siano davvero incompatibili, ma diciamo di si per facilità di discussione)? O nella loro incompatibilità? Inoltre, ammettendo che queste due condizioni (sedia e correre) siano incompatibili, sono entrambe perenni? Perchè affinchè un problema sia insolubile abbiamo bisogno di un'incompatibilità immodificabile.
Citazione:
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Mi piace il discorso Ray, e vorrei continuarlo ma non vorrei andare fuori tema. Effettivamente meno male che i problemi non li crea Dio senno sarebbero eterni.

A prima vista però i problemi che ho citato "sembrano" effettivamente senza via di uscita!
Citazione:
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Non so se andiamo fuori tema, sarebbe da stabilire quanto un diverso atteggiamento verso i problemi o quelli che riteniamo tali possa incidere su quello che qui è chiamato "mal di vivere". Io credo parecchio.

In ogni caso, dovesse uscirne qualcosa di interessante e più generico, si possono sempre arpire altri tread in altre sezioni per esplorarne altri lati.
Come accennavo affinchè un problema sia insolubile sarebbe necessaria la presenza di un'incompatibilità e che essa sia immodificabile (se apriamo magari in filosofia, possiamo cercare tramitre esplorazione nuove e migliori definizioni di "problema").
Ora, già nell'esempio che porti della sedia e del voler correre, vediamo che il problema sparisce nel momento esatto in cui il desiderio di correre svanisce (posto che accada, ovvio), oppure in cui le gambe guariscono (anche qui, posto che accada). Quindi, di per sè, il problema non è insolubile.
Fin qui concordi con me?
Citazione:
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Si fin qui concordo con te, i problemi non sono eterni, però molti sembrano insormontabile o senza via d'uscita.
Ad esempio io posso avere una delusione d'amore, e pensare che quella persona ormai non torna più da me, la soluzione potrebbe essere che quella persona può tornare, oppure riscoprire dentro di me una nuova consapevolezza, per esempio che posso stare con un'altra persona, o anche solo.

Un mal di vivere dovuto alla disoccupazione, potrebbe essere che questo tempo di attesa, può essere utilizzato per stare di più con la famiglia, scoprire nuovi aspetti, aspirazioni e ambizioni di me, e poi magari quando questo succede, trovo pure lavoro!
Ok, l'ho romanzata un po' troppo, però tendiamo a dare ai problemi e agli ostacoli una valenza assoluta, si questo è innegabile.
Ah ecco un altro problema insormontabile, vorrei tornare giovane fisicamente ma non posso più!
Citazione:
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Allora concordi con me... non esistono problemi insolubili, è a volte la nostra percezione che ce li mostra tali, ma sappiamo che non è così. Si tratta quindi, se non altro ed in prima battuta, di ricordarselo.
In effetti un problema davvero insolubile non lo percepiremmo neanche.
Non è insormontabile, basta che smetti di voler tornar giovane fisicamente ed il problema scompare. Oppure potresti trovare un modo di riuscirci, oppure potrebbe trovarlo qualcun altro (è notizia di questi giorni di scoperte scientifiche a riguardo... non che interessi la questione particolare qui, solo per dire che sono i nostri pregiudizi/prepensieri che ci mostrano le cose come non sono).
Citazione:
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Resta solo da comprendere come risolvere i problemi senza dover per forza rinunciare o avere un tale atteggiamento, altrimenti è facile, se c'è un problema, basta che rinuncio e risolvo!
Citazione:
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Già il sapere che i problemi insolubili non esistono modifica l'atteggiamento con cui ci relazioniamo col mondo e con noi stessi più di quel che possa sembrare. Di fronte ad un problema potremmo chiederci innanzitutto se è reale e se è davvero delle dimensioni che percepiamo.

Poi non necessariamente si deve rinunciare a tutto, anzi. Si dovrebbe cercare di ottenere tutto quello che riteniamo conveniente ottenere data la spesa necessaria in termini di sforzo, impegno eccetera. D'altronde dovremmo anche renderci conto di ciò a cui faremmo meglio a rinunciare e farlo senza remore. Comunque detta così è banalizzata, forse il discorso meriterebbe uno spazio suo.
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Ultima modifica di Astral : 06-11-2011 alle ore 09.36.30.
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Vecchio 06-11-2011, 17.44.32   #9
RedWitch
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..................... non esistono problemi insolubili, è a volte la nostra percezione che ce li mostra tali, ma sappiamo che non è così. Si tratta quindi, se non altro ed in prima battuta, di ricordarselo.
Sono d'accordo, e credo che la soggettività in questo caso giochi un ruolo fondamentale, ognuno di noi ha una percezione diversa di uno stesso problema, a volte lo si ingrandisce al punto di diventare bloccante, e anche per questo sembra insolubile.
Potremmo dire che esiste una scala per quel che riguarda la gravità di un problema?
Prendiamo l'esempio di Astral sul lavoro, se una persona resta disoccupata e ha da mantenere una famiglia intera, sarà dovrà in qualche maniera fare in modo di ricominciare a lavorare immediatamente, mentre una persona che magari ha alle spalle una famiglia che può mantenerla, potrà cercare con più calma un nuovo lavoro. Tra le due situazioni la prima è sicuramente più grave, ma è anche possibile che mentre nella prima l'urgenza ci farebbe rimboccare le maniche immediatamente , nella seconda si potrebbe indugiare, iniziare a pensare "quanto si è sfortunati" e vedere il problema come insolubile, per via che non assumono etc...

Allora, come valutare onestamente la gravità di un problema che ci si presenta davanti senza farlo diventare enorme?

Ci sono dei parametri oggettivi ed altri soggettivi che determinano un problema? In matematica abbiamo alcuni dati di partenza certi su cui ragionare per arrivare alla soluzione, chè il dato mancante... chissà se è possibile anche nella vita di ogni giorno arrivare ad avere problema/dati/possibile soluzione e muoversi per raggiungerla...

Basterebbe eliminare tutte le cosidette piXXX mentali?

Citazione:
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In effetti un problema davvero insolubile non lo percepiremmo neanche.
Perchè?
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Vecchio 06-11-2011, 17.50.05   #10
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Visto che siamo in filosofia come prima cosa vorrei fare una precisazione che riguarda il titolo. Trovo che sia espresso non in modo corretto, considerando che proprio in base a quello che viene detto dopo non esprime efficacemente il concetto che si vuole veicolare.
In realtà in tutti i tread, ma soprattutto qui ritengo sia opportuno cercare di esprimersi in modo più rigoroso.

Io (ma non solo io, poi si è concordato con me) non ho mai detto che non esistono i problemi, ho detto che non esistono problemi insolubili.
D'altronde, affermare che esistono soluzioni, implica l'esistenza dei problemi. Infatti i problemi esistono eccome, in loro assenza non si parla proprio di soluzioni.

Detto questo mi piacerebbe ripartire dal discorso che faceva Luke. Se ho ben compreso lui vede ogni problema composto da due fattori, l'uno esterno (evento che si verifica o non ne vuole sapere di verificarsi) e l'altro interno, il nostro vissuto in merito.
Questo implicherebbe che tutti i problemi sono soggettivi. In quanto formati da un fattore esterno (diciamo oggettivo, che anche altri esperiscono) e uno interno (e quindi soggettivo) risulterebbero sempre soggettivi (per l'oggettività è necessario che ci sia solo quella).
In effetti vediamo tutti i giorni che ciò che per me è un problema per Tizio potrebbe benissimo non esserlo.

Siamo sicuri di questo? E' sempre così? O riusciamo ad immaginarci un problema oggettivo? Magari anche una via di mezzo... oggettivo per chi lo osserva...
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Vecchio 06-11-2011, 18.49.05   #11
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La fame è un problema oggettivo di tutti, chi non mangia muore, per esempio.
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Vecchio 06-11-2011, 19.16.42   #12
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La fame è un problema oggettivo di tutti, chi non mangia muore, per esempio.
La fame di per se non possiamo considerarla un problema. E' semplicemente il segnale che occorre mangiare. Uno mangia e stop.
Può diventare un problema se alla fame aggingiamo qualcos'altro... tipo la mancanza di cibo, il desiderio di dimagrire eccetera.
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Vecchio 06-11-2011, 20.36.58   #13
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Qualsiasi evento preso a se stesso NON è un problema, lo diventa quando si aggiunge la compoennte soggettiva, che lo fa passare da evento "neutro" a problema.
Se sto morendo di fame e a me non importa nulla di morire, non dovrebbe essre visto come un problema.

Certamente detta così potrebbe portare acredere che allora davanti a qualunque evento se riesco a non farlo diventare un problema per me , potrei dire di averlo "risolto", però non credo che questa soluzione sia sempre e comunque applicabile.
In alcuni casi potrebbe accadere che me ne faccio una ragione ed allora l'evento resta lì immutato , non sempre credo sia onestamente e concretamente fattibile, anche se in senso logico e "freddo" potrebbe essere.
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Vecchio 06-11-2011, 21.42.20   #14
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Qualsiasi evento preso a se stesso NON è un problema, lo diventa quando si aggiunge la compoennte soggettiva, che lo fa passare da evento "neutro" a problema.
Se sto morendo di fame e a me non importa nulla di morire, non dovrebbe essre visto come un problema.

Certamente detta così potrebbe portare acredere che allora davanti a qualunque evento se riesco a non farlo diventare un problema per me , potrei dire di averlo "risolto", però non credo che questa soluzione sia sempre e comunque applicabile.
In alcuni casi potrebbe accadere che me ne faccio una ragione ed allora l'evento resta lì immutato , non sempre credo sia onestamente e concretamente fattibile, anche se in senso logico e "freddo" potrebbe essere.
quando si parla di distacco alla fine è questo, non rinunciare a risolvere le cose, ma non avere l'attaccamento alla soluzione.
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Vecchio 07-11-2011, 00.45.40   #15
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quando si parla di distacco alla fine è questo, non rinunciare a risolvere le cose, ma non avere l'attaccamento alla soluzione.
Sperando che non sia quello che troppo spesso fanno tutti, di non mettere abbastanza energia nella risoluzione dei problemi.
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Vecchio 07-11-2011, 01.22.28   #16
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Scusa Red, ho visto il tuo post solo adesso, abbiamo scritto grossomodo nello stesso tempo e tirando fuori la stessa questione del soggettivo/oggettivo. Non so se in parte ti ho risposto e in che misura, in caso riprendiamo.

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Perchè?
Perchè se fosse del tutto al di là delle nostre possibilità non lo percepiremmo come problema o non lo percepiremmo affatto.
Io penso che noi percepiamo, di tutto ciò che esiste, solo la parte con cui riusciamo almeno un minimo ad interagire. Già percependo un minimo intergiamo.
Se non potessimo fare nulla non percepiremmo.

Poi c'è da dire che tra una soluzione e una non soluzione ci sono vie di mezzo, potrebbero esistere soluzioni parziali ad un problema che di fatto trasformerebbero il problema in un altro, magari di minor portata. Questo apre ad altre distinzioni, a cui facevi cenno, cioè la gravità di un problema.
In effetti non è semplicissimo stabilirla. Secondo voi la gravità di un problema da cosa dipende? Dalle conseguenze possibili? Dalla difficoltà a risolvere? O che?
Perchè potrebbero esserci dei problemi che potenzialmente provocherebbero gravi conseguenze ma facili da risolvere e viceversa problemi dalle conseguenze lievi ma difficilissimi da affrontare...
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Vecchio 07-11-2011, 08.13.15   #17
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quando si parla di distacco alla fine è questo, non rinunciare a risolvere le cose, ma non avere l'attaccamento alla soluzione.
Mi riferiso al fatto che nel caso in cui un problema sia di una certa gravità, non perseguire con tenacia o con urgenza la soluzione potrebbe significare restare in pericolo anche della stessa vita. Quindi vedrei caso per caso e in assoluto non assocerei il distacco al non voler a tutti i costi la soluzione.


Riguardo alla gravità di un problema ritengo importante anche il peso che vi si dà, a volte un piccolo problema ma difficle da risolvere può diventare nella nostra mente una fissazione, o la strettoia che rallenta il sistema, mentre un grosso problema facile da risolvere potrebbe richiedere un maggiore investimento di energia ma per un periodo limitato e basta lasciando di nuovo libero e pulito il campo.
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Vecchio 07-11-2011, 13.57.15   #18
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Poi c'è da dire che tra una soluzione e una non soluzione ci sono vie di mezzo, potrebbero esistere soluzioni parziali ad un problema che di fatto trasformerebbero il problema in un altro, magari di minor portata. Questo apre ad altre distinzioni, a cui facevi cenno, cioè la gravità di un problema.
In effetti non è semplicissimo stabilirla. Secondo voi la gravità di un problema da cosa dipende? Dalle conseguenze possibili? Dalla difficoltà a risolvere? O che?
Perchè potrebbero esserci dei problemi che potenzialmente provocherebbero gravi conseguenze ma facili da risolvere e viceversa problemi dalle conseguenze lievi ma difficilissimi da affrontare...
Secondo me da un mix di tutto questo.
Si considera grave un problema in esatta proporzione all'emotività che questo suscita.
Più una cosa ci destabilizza e ci crea dei sentimenti forti (tristezza, sconforto, perplessità, etc) più il problema è tale e si dimensiona a seconda di quanto la cosa per noi diventa "insormontabile".
Se poi si aggiungono le aggravanti ossia le conseguenze che trasformano il problema in uno più grosso automaticamente diventa (per il nostro vedere) di difficile soluzione.
Tampono una macchina, facccio spallucce ho la kasko ma comunque ho da portarla a riparare, ma tanto nella kasko ho compreso l'auto in sostituzione..
Tampono una macchina, devo trovare i soldi per ripararmi l'auto, devo portarla a riparare, rimango a piedi... etc.
L'evento è lo stesso (pertanto ritengo che questo non sia determinante) ma le conseguenze e l'emotività che esso scatena nelle due situazioni è diversa.
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L'evento è lo stesso (pertanto ritengo che questo non sia determinante) ma le conseguenze e l'emotività che esso scatena nelle due situazioni è diversa.
L'evento non è lo stesso se gli elementi sono diversi. Tizio con kasko e tizio senza kasko sono due "tizi" diversi (in quanto elementi del problema) anche se si tratta della stessa persona. Cambi i dati cambi il problema.

Comunque quello che dici sull'emotività è interessante. La vedi come elemento che concorre a determinare la gravità del problema. Avevamo visto la difficoltà delle soluzioni (metterle in atto) e le conseguenze di una non soluzione. Aggiungerei anche la capacità del singolo di trovare una soluzione, che sia pensandola che utilizzando il pensiero altrui.
Quindi sinora quattro componenti... ne vedete altre?
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Vecchio 07-11-2011, 18.53.46   #20
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L'evento non è lo stesso se gli elementi sono diversi. Tizio con kasko e tizio senza kasko sono due "tizi" diversi (in quanto elementi del problema) anche se si tratta della stessa persona. Cambi i dati cambi il problema.

Comunque quello che dici sull'emotività è interessante. La vedi come elemento che concorre a determinare la gravità del problema. Avevamo visto la difficoltà delle soluzioni (metterle in atto) e le conseguenze di una non soluzione. Aggiungerei anche la capacità del singolo di trovare una soluzione, che sia pensandola che utilizzando il pensiero altrui.
Quindi sinora quattro componenti... ne vedete altre?
Le conseguenze di una soluzione, in termini di eventuale rinunce, imprevisti ecc, quindi anche la soluzione ha elementi soggettivi, non so se possa esistere LA soluzione, ma un set di soluzioni variabili da individuo a individuo....
Sugli altri componenti , rifletto....
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Vecchio 07-11-2011, 20.02.29   #21
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Secondo voi la gravità di un problema da cosa dipende? Dalle conseguenze possibili? Dalla difficoltà a risolvere? O che?
.
Allora...innanzitutto sono convita che ognuno dovrebbe trovare la sua soluzione arrivarci da solo perchè quella degli altri può diventare zavorra in più se non si posseggono le stesse capacità le stesse regole, non si sono fatti gli stessi studi non si è allo stesso livello in pratica.
Ma si possono suggerire metodi per arrivare alla soluzione come operazioni, attrezzatura etc

Quando si inseriscono dei dati in un programmatore ne esce un risultato dipendente dal programma dalla velocità di elaborazione dati dalla memoria etc insomma un certo numero di variabili.

In un essere umano non aver bilanciati i vari coefficienti e non tenere conto delle variabili crea problemi ulteriori o ingrandisce quelli già esistenti.

Un problema viene affrontato con quel che si possiede c'è chi riesce a risolvere piccoli problemi matematici e altri che si perdono i equazioni algebriche per anni e anni o chi invece risolve tutto accontentandosi della soluzione che è in grado di trovare anche sapendo che non sarà la migliore ma quella da lui attuabile.

Quello che non mi permette di risolvere alcuni problemi è l'empasse tra due soluzioni possibili e l'incapacità di rinunciare (perdita) ad una delle due quindi scegliere.

L'altra la paura di non riuscire a risolvere il problema quindi di mettersi in gioco.

Secondo me è come una serie di variabili e sottovariabili che ne aprono altre come una di quelle equazioni algebriche in cui ci sono piccoli problemi tra parentesi (regole che devi conoscere) che se non li risolvi non arrivi mai ad un risultato finale positivo (con conseguenze) tra cui la paura di non essere in grado di sbagliare e quindi di perderti.

Quindi rispondendo alle tue domande iniziali direi il fatto di distaccarsi dal problema togliendogli l'importanza che gli diamo intesa come miglior risultato possibile quindi la gravità è relativa a ciò che noi gli facciamo pesare sopra quello di cui lo rivestiamo, la pressione che facciamo uscire da esso...

Si dice che nessuno porta mai una croce più pesante di quel che può sopportare quindi in teoria ognuno ha la soluzione al proprio problema il vero problema sta nel perchè non lo attua.

Insomma a me pare il problema sta in ciò che fa di esso un problema.

Mi sto rendendo conto comunque che un modo possibile di risolvere un problema è analizzare i dati il più possibile ma anche conoscersi, sapere bene cosa si vuole, cosa si è disposti a perdere/pagare...insomma più dati si possiedono su di noi e sul problema e più il problema visualizza una possibile soluzione che non sarà La Soluzione Migliore per tutti ma la mia possibile miglior soluzione di cui devo essere contenta perchè è mia.

Tutte belle parole perchè al lato pratico non sono capace per me problema=paura--->ansia--->rabbia
--->immobilismo quindi tutto spostato ed ingolfato sull'emotivo e piazza pulita di razionalità
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Vecchio 07-11-2011, 20.18.04   #22
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Quello che non mi permette di risolvere alcuni problemi è l'empasse tra due soluzioni possibili e l'incapacità di rinunciare (perdita) ad una delle due quindi scegliere.
Al di là dei risvolti psicologici che possono causare un problema nel problema (in effetti alcuni problemi rimandano ad altri... non tutti sono semplici ma complessi) questa cosa che dici è un aspetto interessante: un problema con più soluzioni.
Nulla di strano... viene normale pensare che un problema possa avere più di una soluzione.

Tu però sostieni che scegliere tra le soluzioni possibili può divenire anch'esso un problema.

Tra due diverse soluzioni o una è migliore dell'altra, oppure sono equivalenti... ma io credo che il secondo caso sia praticamente inesistente. Se due soluzioni sono equivalenti sono la stessa soluzione.
Se invece una è migliore di un'altra beh, sarebbe meglio adottare la migliore.
Ma cosa rende una soluzione migliore di un'altra? Possono essere vari i fattori: essere più facile da eseguire, dare un risultato milgiore, costare meno in termini di risorse, eccetera.

Purtroppo a volte per sapere quale sia la soluzione migliore occorre percorrere entrambe le strade, almeno un po', e confrontare.

Non c'è neanche bisogno di dire che non attuarne alcuna lascia il problema invariato....
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Vecchio 07-11-2011, 20.47.08   #23
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Purtroppo a volte per sapere quale sia la soluzione migliore occorre percorrere entrambe le strade, almeno un po', e confrontare.

Non c'è neanche bisogno di dire che non attuarne alcuna lascia il problema invariato....
Ho evidenziato il pezzo sopra perchè lo ritengo molto interessante mi pare un modo di reperire ulteriori dati che evidentemente mancando limitano la soluzione migliore

Ecco l'ultima frase invece la devo sempre tenere a mente
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Vecchio 07-11-2011, 21.55.43   #24
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Mi riferiso al fatto che nel caso in cui un problema sia di una certa gravità, non perseguire con tenacia o con urgenza la soluzione potrebbe significare restare in pericolo anche della stessa vita. Quindi vedrei caso per caso e in assoluto non assocerei il distacco al non voler a tutti i costi la soluzione.


Riguardo alla gravità di un problema ritengo importante anche il peso che vi si dà, a volte un piccolo problema ma difficle da risolvere può diventare nella nostra mente una fissazione, o la strettoia che rallenta il sistema, mentre un grosso problema facile da risolvere potrebbe richiedere un maggiore investimento di energia ma per un periodo limitato e basta lasciando di nuovo libero e pulito il campo.
Io parlato di distacco, non di rinuncia o indifferenza ai problemi.
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Vecchio 07-11-2011, 23.30.04   #25
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Io parlato di distacco, non di rinuncia o indifferenza ai problemi.
Pensavo volessi dire che se uno cerca la soluzione debba accettare che la si trovi come anche che non la si trovi. Forse un esempio potrebbe chiarire la cosa.
Che intenti per distacco dalla soluzione, o soluzione con distacco?
Io pensavo per esempio ad un problema matematico a cui si trova la soluzione, a quel punto per me significa automaticamente possederla, non vedo altro. A meno che ti riferisci all'uso che uno ne fa poi della soluzione del problema.
Oppure, mettiamo il caso di una malattia grave che trova soluzione in una specifica medicina, prendere con distacco la cosa potrebbe significare che, ok, conosco la cura, ma ci penserò un pò su se voglio farne uso; in quel caso sarebbe distacco, ma che implica distacco dalla salute, dalla vita stessa appunto.
Forse mi sfugge qualcosa sul significato del distacco.
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