Spesso viene tradotto con "non fare", il che può non essere completamente errato se si stabilisce precisamente cosa si intenda con quel "fare" ed il soggetto che non dovrebbe fare.
In realtà la traduzione che ho trovato più corretta ed esplicativa è quella del titolo:
non avere azione.
Wu=non avere/senza
Wei= azione
Il paradosso completo è
wei wu wei (
azione senza azione)
Se mi volessi fermare ad una estrema sintesi mi limiterei ad un:
se non ho azione, io sono l'azione (a meno che non sia morto)
Ritengo che seppur semplice non svisceri completamente la cosa senza opportune riflessioni.
Non avere azione o per i puristi
senza azione da la reale portata della cosa solo se consideriamo l'azione come entità, come qualcosa che ci fa muovere in un determinato senso senza che la nostra Essenza ne abbia il controllo, ecco che se non abbiamo questa entità azione con cui ci identifichiamo può uscire il vero movimento dell'Essere.
Applicarla in pratica è più facile a dirsi che a farsi... è facile dire che bisogna essere spontanei e lasciar che tutto scorra, ma se meccanismi ed automatismi mi fanno agire (ecco come potrebbe essere corretto il "non fare") in determinati modi la spontaneità è un'illusione, diventa un non pensare a ciò che si fa e basta.
Le arti marziali con una serie di esempi un pò ci vengono incontro, se tiro con l'arco devo divenire tutt'uno con l'arco (non con la freccia come spesso si dice) quando sento e percepisco l'arco l'unità è fatta e allora non c'è più Tizio ed un arco, ma in quell'istante e per quell'istante c'è una nuova entità, quindi non è Tizio che tende l'arco ma le braccia (e tutti i muscoli e nervi collegati, cioè dalla punta dei piedi fino alla sommità del capo) e l'arco insieme che si tendono.
So che non è facile da visualizzare, neanche con l'immagine da me taroccata, è quello che in altre parole significa mettere tutto me stesso in ciò che faccio, divento l'azione, non più un meccanismo che muove ingranaggi separati a seconda di stimoli, in quel momento non esiste più Tizio, è immerso nell'azione che non ha azione.
Cambiamo le parole e vediamo se può rendersi più accettabile dalla mente.
Pensiamo alla nostra temperatura corporea, se le condizioni esterne sono miti, essa si regola automaticamente, c'è un movimento di sostanze chimiche nel nostro corpo che ci tiene un pò più caldi se il clima è fresco, viceversa delle strategie che ci raffreddano quando ci riscaldiamo questo potremmo definirla un'azione senza azione (i più furbi hanno già capito, che comunque ci sono delle cause e qualcosa che agisce sotto, quindi il discorso verte sullo spostare, potendo, il nostro agire verso una sempre più raffinata modalità fino al punto che il comune mortale non è in grado di vederlo) diverso invece è il discorso se facendo abbastanza freddo io sfrego le mani per scaldarle, in quel momento mi identifico con esse (che sia pure un centesimo di secondo), mi identifico con il fastidio della loro freddezza e lascio una buona parte della mia attenzione in esse, dimenticandomi del resto del mio Essere (resto del corpo compreso)... se invece rimanendo radicato in tutto il mio essere muovo/produco calore sulle mani che le sfreghi o meno sto agendo senza agire..
In sostanza l'azione che mi "sposta" verso l'oggetto della stessa è l'opposto della non azione del paradosso.