Non esistono problemi ma solo soluzioni
Riprendo la discussione fatta sul giardino filosofico, topic mal di vivere. Ad un certo punto io e Ray parlavamo del fatto che il mal di vivere possa essere dato in alcuni casi, dal fatto che riteniamo i problemi insolubili, insormontabili o siamo legati ad un destino ineluttabile.
Direi di riprendere il discorso qui, per approfondirlo. |
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Beh lì è dura smettere di spingere il muro... |
Recentemente ho visto il film Melancholia di Lars Von T., parla proprio del mal di vivere.
Lui lo affronta come un senso di inevitabile disfacimento, ora per non svelare il finale non posso andare oltre ma giustifica il mal di vivere della protagonista con la fine del mondo imminente... |
Per come la vedo io il problema consiste di due fattori, 'evento che si verifica o non ne vuole sapere di verificarsi e la nostra reazione, il nostro vissuto rispetto ad esso.
Quest'ultimo si può certamente affrontare di petto, cambiarlo, migliorarlo ecc anche se non so se questo voglia dire aver risolto davvero un problema, forse una sua parte, ma in tal modo perdiamo comunque ciò che la risoluzione reale di un problema, laddove possibile, ci avrebbe potuto dare, rimarrà per sempre nascosta, tipo il lato nascosto della luna. Avere il giusto atteggiamento può intanto aiutare a definire meglio il problema, ad inquadrarlo nella giusta prospettiva,, depurandolo se possibile di altro che ci abbiamo appiccicato noi e che non riguarda direttamente il problema specifico in quanto tale. P.S. A volte mi vene da pensare "non esistono soluzioni, esistono solo nuovi problemi" |
Beh ma la frase in se è filosofica:
"Non esistono problemi ma solo soluzioni" Un problema come quello matematico si chiama in questo modo perchè ha in se la possibilità di essere risolto.Se non ha soluzione o è un problema senza soluzione e quindi è contrario al problema e per questo non ha soluzione ma non è un problema. Mi pare anche più vicino alla logica che alla filosofia. (una parte di me sta dicendo ma quelli che hanno stabilito queste cose non si stavano facendo delle pippe mentali? no? sicurissimi? diavolo.g:diavolo.g:diavolo.g:) Scusate la digressione :) Esistono soluzioni è bella questa cosa allora cerchiamo il metodo migliore per trovarle :D |
OT
Volevo riprendere quello stacco di discussione fatta con Ray, devo utilizzare il multicite? |
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Grazie Sole, riporto quel pezzo di discussione:
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Potremmo dire che esiste una scala per quel che riguarda la gravità di un problema? Prendiamo l'esempio di Astral sul lavoro, se una persona resta disoccupata e ha da mantenere una famiglia intera, sarà dovrà in qualche maniera fare in modo di ricominciare a lavorare immediatamente, mentre una persona che magari ha alle spalle una famiglia che può mantenerla, potrà cercare con più calma un nuovo lavoro. Tra le due situazioni la prima è sicuramente più grave, ma è anche possibile che mentre nella prima l'urgenza ci farebbe rimboccare le maniche immediatamente , nella seconda si potrebbe indugiare, iniziare a pensare "quanto si è sfortunati" e vedere il problema come insolubile, per via che non assumono etc... Allora, come valutare onestamente la gravità di un problema che ci si presenta davanti senza farlo diventare enorme? Ci sono dei parametri oggettivi ed altri soggettivi che determinano un problema? In matematica abbiamo alcuni dati di partenza certi su cui ragionare per arrivare alla soluzione, chè il dato mancante... chissà se è possibile anche nella vita di ogni giorno arrivare ad avere problema/dati/possibile soluzione e muoversi per raggiungerla... Basterebbe eliminare tutte le cosidette piXXX mentali? Citazione:
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Visto che siamo in filosofia come prima cosa vorrei fare una precisazione che riguarda il titolo. Trovo che sia espresso non in modo corretto, considerando che proprio in base a quello che viene detto dopo non esprime efficacemente il concetto che si vuole veicolare.
In realtà in tutti i tread, ma soprattutto qui ritengo sia opportuno cercare di esprimersi in modo più rigoroso. Io (ma non solo io, poi si è concordato con me) non ho mai detto che non esistono i problemi, ho detto che non esistono problemi insolubili. D'altronde, affermare che esistono soluzioni, implica l'esistenza dei problemi. Infatti i problemi esistono eccome, in loro assenza non si parla proprio di soluzioni. Detto questo mi piacerebbe ripartire dal discorso che faceva Luke. Se ho ben compreso lui vede ogni problema composto da due fattori, l'uno esterno (evento che si verifica o non ne vuole sapere di verificarsi) e l'altro interno, il nostro vissuto in merito. Questo implicherebbe che tutti i problemi sono soggettivi. In quanto formati da un fattore esterno (diciamo oggettivo, che anche altri esperiscono) e uno interno (e quindi soggettivo) risulterebbero sempre soggettivi (per l'oggettività è necessario che ci sia solo quella). In effetti vediamo tutti i giorni che ciò che per me è un problema per Tizio potrebbe benissimo non esserlo. Siamo sicuri di questo? E' sempre così? O riusciamo ad immaginarci un problema oggettivo? Magari anche una via di mezzo... oggettivo per chi lo osserva... |
La fame è un problema oggettivo di tutti, chi non mangia muore, per esempio.
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Può diventare un problema se alla fame aggingiamo qualcos'altro... tipo la mancanza di cibo, il desiderio di dimagrire eccetera. |
Qualsiasi evento preso a se stesso NON è un problema, lo diventa quando si aggiunge la compoennte soggettiva, che lo fa passare da evento "neutro" a problema.
Se sto morendo di fame e a me non importa nulla di morire, non dovrebbe essre visto come un problema. Certamente detta così potrebbe portare acredere che allora davanti a qualunque evento se riesco a non farlo diventare un problema per me , potrei dire di averlo "risolto", però non credo che questa soluzione sia sempre e comunque applicabile. In alcuni casi potrebbe accadere che me ne faccio una ragione ed allora l'evento resta lì immutato , non sempre credo sia onestamente e concretamente fattibile, anche se in senso logico e "freddo" potrebbe essere. |
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Scusa Red, ho visto il tuo post solo adesso, abbiamo scritto grossomodo nello stesso tempo e tirando fuori la stessa questione del soggettivo/oggettivo. Non so se in parte ti ho risposto e in che misura, in caso riprendiamo.
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Io penso che noi percepiamo, di tutto ciò che esiste, solo la parte con cui riusciamo almeno un minimo ad interagire. Già percependo un minimo intergiamo. Se non potessimo fare nulla non percepiremmo. Poi c'è da dire che tra una soluzione e una non soluzione ci sono vie di mezzo, potrebbero esistere soluzioni parziali ad un problema che di fatto trasformerebbero il problema in un altro, magari di minor portata. Questo apre ad altre distinzioni, a cui facevi cenno, cioè la gravità di un problema. In effetti non è semplicissimo stabilirla. Secondo voi la gravità di un problema da cosa dipende? Dalle conseguenze possibili? Dalla difficoltà a risolvere? O che? Perchè potrebbero esserci dei problemi che potenzialmente provocherebbero gravi conseguenze ma facili da risolvere e viceversa problemi dalle conseguenze lievi ma difficilissimi da affrontare... |
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Riguardo alla gravità di un problema ritengo importante anche il peso che vi si dà, a volte un piccolo problema ma difficle da risolvere può diventare nella nostra mente una fissazione, o la strettoia che rallenta il sistema, mentre un grosso problema facile da risolvere potrebbe richiedere un maggiore investimento di energia ma per un periodo limitato e basta lasciando di nuovo libero e pulito il campo. |
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Si considera grave un problema in esatta proporzione all'emotività che questo suscita. Più una cosa ci destabilizza e ci crea dei sentimenti forti (tristezza, sconforto, perplessità, etc) più il problema è tale e si dimensiona a seconda di quanto la cosa per noi diventa "insormontabile". Se poi si aggiungono le aggravanti ossia le conseguenze che trasformano il problema in uno più grosso automaticamente diventa (per il nostro vedere) di difficile soluzione. Tampono una macchina, facccio spallucce ho la kasko ma comunque ho da portarla a riparare, ma tanto nella kasko ho compreso l'auto in sostituzione.. Tampono una macchina, devo trovare i soldi per ripararmi l'auto, devo portarla a riparare, rimango a piedi... etc. L'evento è lo stesso (pertanto ritengo che questo non sia determinante) ma le conseguenze e l'emotività che esso scatena nelle due situazioni è diversa. |
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Comunque quello che dici sull'emotività è interessante. La vedi come elemento che concorre a determinare la gravità del problema. Avevamo visto la difficoltà delle soluzioni (metterle in atto) e le conseguenze di una non soluzione. Aggiungerei anche la capacità del singolo di trovare una soluzione, che sia pensandola che utilizzando il pensiero altrui. Quindi sinora quattro componenti... ne vedete altre? |
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Sugli altri componenti , rifletto....leggo.gif |
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Ma si possono suggerire metodi per arrivare alla soluzione come operazioni, attrezzatura etc Quando si inseriscono dei dati in un programmatore ne esce un risultato dipendente dal programma dalla velocità di elaborazione dati dalla memoria etc insomma un certo numero di variabili. In un essere umano non aver bilanciati i vari coefficienti e non tenere conto delle variabili crea problemi ulteriori o ingrandisce quelli già esistenti. Un problema viene affrontato con quel che si possiede c'è chi riesce a risolvere piccoli problemi matematici e altri che si perdono i equazioni algebriche per anni e anni o chi invece risolve tutto accontentandosi della soluzione che è in grado di trovare anche sapendo che non sarà la migliore ma quella da lui attuabile. Quello che non mi permette di risolvere alcuni problemi è l'empasse tra due soluzioni possibili e l'incapacità di rinunciare (perdita) ad una delle due quindi scegliere. L'altra la paura di non riuscire a risolvere il problema quindi di mettersi in gioco. Secondo me è come una serie di variabili e sottovariabili che ne aprono altre come una di quelle equazioni algebriche in cui ci sono piccoli problemi tra parentesi (regole che devi conoscere) che se non li risolvi non arrivi mai ad un risultato finale positivo (con conseguenze) tra cui la paura di non essere in grado di sbagliare e quindi di perderti. Quindi rispondendo alle tue domande iniziali direi il fatto di distaccarsi dal problema togliendogli l'importanza che gli diamo intesa come miglior risultato possibile quindi la gravità è relativa a ciò che noi gli facciamo pesare sopra quello di cui lo rivestiamo, la pressione che facciamo uscire da esso... Si dice che nessuno porta mai una croce più pesante di quel che può sopportare quindi in teoria ognuno ha la soluzione al proprio problema il vero problema sta nel perchè non lo attua. Insomma a me pare il problema sta in ciò che fa di esso un problema. Mi sto rendendo conto comunque che un modo possibile di risolvere un problema è analizzare i dati il più possibile ma anche conoscersi, sapere bene cosa si vuole, cosa si è disposti a perdere/pagare...insomma più dati si possiedono su di noi e sul problema e più il problema visualizza una possibile soluzione che non sarà La Soluzione Migliore per tutti ma la mia possibile miglior soluzione di cui devo essere contenta perchè è mia. Tutte belle parole perchè al lato pratico non sono capace piango2.g:per me problema=paura--->ansia--->rabbia --->immobilismo quindi tutto spostato ed ingolfato sull'emotivo e piazza pulita di razionalità :) |
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Nulla di strano... viene normale pensare che un problema possa avere più di una soluzione. Tu però sostieni che scegliere tra le soluzioni possibili può divenire anch'esso un problema. Tra due diverse soluzioni o una è migliore dell'altra, oppure sono equivalenti... ma io credo che il secondo caso sia praticamente inesistente. Se due soluzioni sono equivalenti sono la stessa soluzione. Se invece una è migliore di un'altra beh, sarebbe meglio adottare la migliore. Ma cosa rende una soluzione migliore di un'altra? Possono essere vari i fattori: essere più facile da eseguire, dare un risultato milgiore, costare meno in termini di risorse, eccetera. Purtroppo a volte per sapere quale sia la soluzione migliore occorre percorrere entrambe le strade, almeno un po', e confrontare. Non c'è neanche bisogno di dire che non attuarne alcuna lascia il problema invariato.... |
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Ecco l'ultima frase invece la devo sempre tenere a mente :) |
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Che intenti per distacco dalla soluzione, o soluzione con distacco? Io pensavo per esempio ad un problema matematico a cui si trova la soluzione, a quel punto per me significa automaticamente possederla, non vedo altro. A meno che ti riferisci all'uso che uno ne fa poi della soluzione del problema. Oppure, mettiamo il caso di una malattia grave che trova soluzione in una specifica medicina, prendere con distacco la cosa potrebbe significare che, ok, conosco la cura, ma ci penserò un pò su se voglio farne uso; in quel caso sarebbe distacco, ma che implica distacco dalla salute, dalla vita stessa appunto. Forse mi sfugge qualcosa sul significato del distacco. |
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