Giorni fa il postino suona alla mia porta: apro, firmo e ritiro una raccomandata. Conteneva la nuova carta di credito di mio marito.
Con la raccomandata in mano mi avvio a metterla dove di solito ammonticchio la sua corrispondenza, lasciandola però in evidenza.
Ma nel mentre mi sto accingendo a fare questa operazione ho una controversia con mio figlio, il quale, curioso come sua madre
, vorrebbe aprire la lettera. Davanti alla sua insistenza perdo un po’ la calma
e gli spiego che la posta è personale.
Sul tardi dico a mio marito dell’arrivo della lettera. Dopo un paio di giorni mi viene domandato dove avessi riposto la raccomandata, e bella come il sole indico il solito posto. La raccomandata non si trova!
Inizio ad agitarmi. Cerco di ricordare e visualizzo tutti i passaggi sino ad arrivare alla controversia con mio figlio, li il buio. Inizio a sentirmi in colpa.
Uno per non essere rimasta presente, due per essermi irritata sapendo a cosa si va incontro, terzo perché mi sentivo la causa di un problema. (lo smarrimento e con esso il mio ) La prima reazione è stata quella di dire che in casa non c’ero solo io e che quindi mi sentivo responsabile per un terzo.
Che anche se non ricordavo di averla appoggiata era impossibile che non lo avessi fatto perché è automatico. Però dentro sentivo di non aver messo il massimo dell’attenzione e questo bastò per farmi girare per la casa come un cane da caccia. Così non solo avevo sbagliato ma stavo consumandomi nel tentativo di rimediare per non sentirmi una cacchetta.
Anzi volevo a tutti i costi che mio marito telefonasse al centro per annullarla. Mio marito che ha pazienza e si fida di me più di quanto io mi fidi di me stessa, e vedendomi super agitata mi dice di dormirci sopra che mi sarebbe tornato in mente. Ma il giorno dopo ne sapevo quanto il giorno prima e a quel punto inizia a fare capolino l’ansia tramite l’immaginazione negativa, insomma un bel viaggetto nel paese delle banane marce.
A quel punto mio marito si è messo a cercare con me coinvolgendo anche nostro figlio, ma della carta nessuna traccia. Alla fine esausta mi arrendo all’evidenza che la carta è scomparsa, la sera appena arriva mio marito gli domando di telefonare al centro e di controllare e fermarla. Dopo aver chiamato ed essersi assicurato che nessuno l’avesse usata ha un colpo di genio e va a vedere dietro al mobile dicevo di averla appoggiata, dove però avevamo già controllato, ed ecco che bella, bella appare la busta ancora sigillata.
Morale della favola.
Questo dimostra innanzitutto grado di insicurezza in cui mi muovo, ma non solo quanto nonostante mi sforzi di essere presente a quello che faccio e di rimanere nel qui ed ora, che gli automatismi spesso prendono il posto dell’attenzione e che l’importanza personale è una brutta bestia.
Quanto incide il paese delle banane marce e l’immaginazione in mano alla paura.
Ma soprattutto mi è rimasta la sensazione davvero sgradevole di cosa può fare un’emozione negativa.
Insomma nonostante sappia tutto ciò ho fatto tutto il contrario di quello in cui credo e per cui mi impegno.
Mi servirà da lezione? Ai posteri l’ardua sentenza.